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Il Santa Corona può fruttare fino a 200 alloggi con la vendita degli immobili proposta dall’ex sindaco Pd. Altri 200 nell’ex cantiere e 50 nell’ex Italcementi in centro

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Non si dica, per favore, che sono tornati i tempi degli Ambientalisti come accade nella potente locomotiva economica della Germania, l’affermazione nelle recenti elezioni in Alto Adige, provincia di Bolzano, o ancora in qualche area dell’Austria. Gli elettori li tengano alla larga. E’ il momento di ‘far fruttare’ gli edifici fatiscenti dell’ormai storico Santa Corona. Bisogna finanziare il futuro monoblocco. La proposta, a quanto emergerebbe, dell’ex sindaco e futuro ricandidato Luigi De Vincenzi, è vendere in parte l’ospedale ricavandone, a chi acquista, 200 alloggi. Nonostante i tempi di crisi. Ma il popolare ed autorevole Ivg riferisce un’indagine dell’amica Tecnocasa. Si torna a vendere e comprare, da 169 mila€ fino a…leggi.

Una rara cartolina di Pietra Ligure, fine anni ’60, dell’area del S.Corona, della frazione Ranzi e del Trabocchetto e Monte Grosso. Utile fare un confronto con un’immagine più recente e riflettere sul futuro urbanistico

Così salveremo l’ospedale Santa Corona, titolava Il Secolo XIX del 1° dicembre 2011. Sopraelevazione della Piastra dei Servizi, creazione di un mini-monoblocco di collegamento tra il padiglione chirurgico e il padiglione 18, mantenimento del padiglione 18 e 17 (sui quali negli anni sono stati fatti i maggiori investimenti) e collegamento sotterraneo tra il nuovo monoblocco e il padiglione dedicato alla riabilitazione e l’unità spinale. È, in estrema sintesi, quanto propone l’amministrazione comunale De Vincenzi all’Asl 2 e alla Regione Liguria per venire incontro alle esigenze di un ammodernamento e di una razionalizzazione del Santa Corona, oggi fatto secondo il sistema desueto dei padiglioni, sistema che, nel tempo, diventerà sempre più costoso da mantenere e sempre meno competitivo.
Per finanziare il progetto, prendendo atto della situazione estremamente critica della sanità regionale, potrà essere alienata tutta la parte a ovest della chiesa, da mare a monte (circa un 30% del Santa Corona). La destinazione delle aree dismesse, poi, dovrà essere decisa con un concorso di idee internazionale e dovrà prevedere non solo a residenze, ma anche attività commerciali, turistiche e servizi.
La proposta dell’amministrazione comunale, che ora dovrà essere vagliata da Regione Liguria e Asl 2, potrebbe consentire di realizzare il nuovo Santa Corona con un investimento da 45-50 milioni di euro: le soluzioni prospettate, infatti, non prevedono di spostare servizi come quelli presenti nella Piastra e nel Chirugico, il cui costo sarebbe stato insostenibile. Così come insostenibile e inaccettabile è ritenuta dal Comune la proposta avanzata a suo tempo dall’Asl 2 di realizzare un monoblocco nella parte a monte, spostata verso ponente, dismettendo tutta l’attuale area ospedaliera, compresa l’Unità Spinale che sarebbe stata demolita.
«Quello che presentiamo ufficialmente è il frutto di una discussione molto ampia che mi dà la possibilità di presentare una proposta condivisa da tutta la maggioranza per il futuro di un ospedale patrimonio non solo della Comunità Pietrese, ma di un intero territorio e per il quale solo negli ultimi dieci anni sono stati realizzati investimenti per oltre 20 milioni di euro di denaro pubblico – ha dichiarato il sindaco Luigi De Vincenzi – quanti per parte pubblica sono stati spesi nella costruzione dell’ospedale di Albenga. Per questo motivo siamo disponibili a individuare le soluzioni urbanistiche che, attraverso il sacrificio di una parte del territorio dell’ospedale, contribuiscono a trovare le risorse necessarie per un ritorno diretto nell’esclusivo interesse del miglioramento dei servizi che il Santa Corona può sviluppare nell’immediato futuro». La maggioranza consigliare ritiene che la proposta presentata sia la soluzione migliore proprio perché consente di raggiungere gli obiettivi che per l’amministrazione comunale sono «imprescindibili»: minore trasformazione possibile del territorio, salvaguardia e potenziamento dell’ospedale, salvaguardia dei servizi e dei posti di lavoro.
«Abbiamo ormai preso coscienza del fatto che la Regione sta cercando di delineare due poli ospedalieri, quello di Albenga e Pietra e quello di Savona e Cairo – ha aggiunto De Vincenzi – il che porterà ad una vocazione delle urgenze al Santa Corona e di tutto ciò che è elezione ad Albenga. E proprio perché riteniamo che il futuro dell’ospedale Santa Corona sia un patrimonio e una responsabilità di tutti, sarà la Commissione consigliare appositamente istituita ad iniziare i propri lavori su questa ipotesi».
Il progetto sarà illustrato ai dipendenti del Santa Corona dal sindaco Luigi De Vincenzi, lunedì alle ore 11.30, nella Sala Spotorno del Santa Corona.

L’operazione ospedale significa una volumetria complessiva di dolce cemento pari a 70- 80 mila mc. che potrebbero fruttare appunto 200 ‘seconde case’ o forse tanti possibilità di acquisto, da prima casa, per dipendenti e pensionati dell’Asl, in simpatica ‘unione’ materiale ed emotiva con il ‘sacro’ luogo di lavoro. Per Pietra Ligure sarebbero anni di super rilancio economico, con una ‘colata’ occupazionale nel mega cantiere. Ma non sarebbe l’unica occasione di sviluppo da non perdere. Non bisogna dimenticare il lungo sonno che da troppo tempo ha colpito l’ex cantiere navale fronte mare. Qui c’è il secondo dolce progetto, questa volta assai più concreto ed avanzato, che prevede un’iniezione di altri 200 alloggi ed un hotel a 4 stelle che non mancano mai quando si deve proporre il recupero di vecchi complessi immobiliari.

Non si spaventi, tuttavia il lettore  e tantomeno la cittadinanza pietrese, o ancora il benvoluti proprietari di ‘case’ al mare e bravi contribuenti Imu. Se tutto andrà come qualcuno prevede – non sappiamo ancora chi siano davvero i contrari, finora solo un pietrese che vive ed ha fatto fortuna in Germania ha proposto  nell’area del ex cantiere navale, per il potenziale rilancio della cittadina con grande piazza e giardini da parco urbano – il Comune potrà incassare tanti soldini dagli oneri di urbanizzazione.

Non si dimentichi, infine, un’altra ghiotta opportunità, sempre annunciata e sul filo di partenza. L’operazione Orsero nelle aree ex Italcementi. Siamo in centro città, da anni si è ripetuto alla noia che c’erano tutte le condizioni affinche fosse eliminato quel brutto spettacolo. Una vera e propria indecenza in una città che è cresciuta in lungo ed in largo, grazie sempre alla vocazione turistica della benedetta casetta al mare. Insomma fare un po di fretta agli Orsero che in borsa stanno andando benino con l’azienda a dimensione internazionale, non sarebbe male.

A Pietra c’è chi vuole mettere in allarme i Verdi, ma in provincia sono allo zero virgola. Possono sempre irrompere i grillini ambientalisti. Chiamati in soccorso di quanti non vorrebbero che nella loro città nascesse un’altra piccola città, seppure divisa in tre nuovi quartieri residenziali. C’è chi si agita dentro e fuori il consiglio comunale.
L’articolo di Trucioli della scorsa settimana sul Santa Corona (vedi……) letto dai soliti tre o quattro lettori, pochino ma buoni, avrebbe creato qualche difficoltà e fermento. La Lega che ha l’assessorato alla Sanità regionale ora deve dare delle risposte chiare su cardiochirurgia e sulla ri-aziendalizzazione. Forza Italia che ha sostenuto, in passato, certe battaglie quando in Regione comandava la coppia Burlando – Montaldo del PD, ora preferirebbe non essere costretta a schierarsi. Il guardingo  De Vincenzi, vice presidente del Consiglio regionale, che legge di una proposta alternativa alla sua (vendere gli immobili dismessi  del Santa Corona per l’edilizia abitativa, sostenuta anche dal sindaco Valeriani) consistente nell’individuare la sede decentrata di ponente della Facoltà di medicina e chirurgia. Proposta che sta incontrando molte adesioni, non solo nel mondo giovanile.
Santa Corona, è prevedibile, sarà uno dei motivi dominanti della prossima campagna elettorale: De Vincenzi ed il PD per la deaziendalizzazione e nuove case, lo schieramento di centro destra per la ri-aziendalizzazione e l’Università; vendere qualcosa se è necessario purchè la contropartita non siano colate di cemento. Ma non si deve dimenticare che in Riviera il ‘partito del cemento’ è sempre stato quasi imbattibile. E chi non si adegua è perso. Perde le elezioni.

Comunque vada a finire pare scontato che il Pd non voglia rischiare di perdere il controllo sulla città che dura da tre legislature. E il fantino vincente, nonostante dica di non aver ancora deciso, corrisponde proprio a Luigi De Vincenzi. Un curriculum di tutto rispetto, come si legge, sul sito della Regione Liguria. E dopo aver mancato, non per suo demerito, il collegio senatoriale alle politiche del marzo scorso.

De Vincenzi: “Imprenditore nel settore dell’accoglienza turistica, gestisce l’azienda di famiglia Pian dei Boschi Camping-Residence a Pietra Ligure. Funzionario tecnico comunale dal 1975 fino al 2000 presso il comune di Pietra Ligure e, in seguito, nella stessa funzione presso il Comune di Borghetto Santo Spirito. Ha ricoperto il ruolo di consigliere di minoranza nel Comune di Pietra Ligure dal 2001 al 2003 e, dalla successiva tornata elettorale, è stato eletto Sindaco e ha mantenuto tale carica dal 2004 al 2014. La sua attività amministrativa è stata sempre caratterizzata dall’attenzione al territorio e ai cittadini, con particolare attenzione ai temi relativi all’urbanistica e alla pianificazione del territorio, all’ambiente, al turismo, alle infrastrutture e all’imprenditorialità. Dal 2015 Consigliere regionale, con gli incarichi di vice presidente della IV Commissione “Territorio e Ambiente” e commissario nella II Commissione “Salute e Sicurezza sociale”, dove continua l’attività legislativa mantenendo sempre un costante contatto con i cittadini del ponente ligure della provincia di Savona.
Candidato al Senato della Repubblica, nel collegio Liguria I, alle elezione politiche del 4 marzo 2018.”

TECNOCASA:  IL MERCATO HA RIPRESO A TIRARE

DA IVG.IT:

Savona. Cresce la disponibilità di spesa per comprare casa nella fascia fino a 169 mila euro. E’ ciò che l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha riscontrato nelle a luglio 2018. Rispetto a gennaio, aumenta infatti la percentuale di acquirenti che decide di spendere per l’abitazione fino a 169 mila euro. Un dato in linea anche con la tendenza registrata nel savonese. Infatti, per quello che riguarda la disponibilità di spesa, il 36,9% è propenso all’acquisto fino 169 mila euro, il 27,9% da 120 a 169 mila euro, mentre il 21,7% da 170 a 249 mila euro, infine il 9,1% oltre i 250 mila euro. Il calo dei prezzi delle abitazioni ha incoraggiato l’acquisto dell’immobile per un uso personale, ma anche gli investitori si sono fatti sentire sempre di più interessandosi a piccoli o grandi tagli da mettere a reddito, anche in considerazione del fatto che la domanda di alloggi in locazione sta crescendo su tutto il territorio nazionale dettata spesso da esigenze di tipo turistico. L’Ufficio Studi, grazie alla capillarità delle agenzie affiliate Tecnocasa e Tecnorete presenti sul territorio nazionale, ha monitorato l’indice di disponibilità di spesa in 19 regioni, fornendo dati sui diversi capoluoghi.


Lettere/1)Medici ‘graziati'(?) fanno la ‘Guardia medica’. 2)Ospedali e Sanità privata dal 1992 a oggi. 3)Grazie OliOliva 7 nazioni a Oliturismo. 4)Interroga la vecchia terra

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Ambulatori privati e Sanità pubblica. Che ne sarà degli ospedali. Medici Asl protagonisti della cronaca giudiziaria restano in servizio. Olioliva diventa Oliturismo. Interroga la vecchia terra.ALBULATORI PRIVATI E SANITA’ PUBBLICA

COSA SE SARA’ IN FUTURO DEGLI OSPEDALI

Dal blog trucioli.it si legge, con ormai abituale e solitaria frequenza, la costante esplosione di ambulatori privati nel ponente ligure. Con la corsa a pubblicizzare, a pagamento, sui quotidiani locali, giornali on line, un’informazione invitante per i cittadini – pazienti. Si pubblicano anche i prezzi. Ad esempio una risonanza magnetica a 45 euro, ecografia da 30 a 40, moc 35 , visita cardiologica 41, elettrocardiogramma, 25, holter cardiaco e pressorio  45. Mi è capitato, nella settimana di Ferragosto, di aver bisogno di visita specialistica. Ebbene ad Albenga l’ambulatorio Casa della Salute, ultimo arrivato in ordine di tempo, era aperto con una ventina di pazienti in attesa…Negli ospedali, invece, era scattata la ‘sospensione di visite ambulatoriali’ comprese quelle a pagamento in toto. Quale sarà l’evoluzione ? Fi dove si spingeranno le aziende private della Sanità che devono fare utili ?  Un documentato servizio giornalistico sulla spirale degli ambulatori privati – nulla contro queste iniziative da società liberale-  sarebbe utile a chi è interessata a conoscere la realtà. Chi sono gli investitori, i loro bilanci, quali sono le specialità che vanno per la maggiore e dunque di maggiore interesse al capitale privato.

Noi liguri non eravamo abituati a questa realtà mentre a parte il meridione, emiliani, lombardi e toscani da anni vivono questa situazione.
E’ una situazione complessa, poco presente nell’informazione televisiva e dei social, che ci porterà fra pochi anni ad avere nelle strutture pubbliche, come accade in Inghilterra, medici mediorientali con iter formativi sovente assai diversi dai nostri. Questo è la conseguenza di non aver assunto per oltre 10 anni personale sanitario, blocco dell’accesso in Medicina, contingentamento del numero di specializzandi nelle diverse discipline eccetera. Sono tutte cose volute e disegnate dal 1992 in poi in una silenzio davvero assordante pur rivestendo un grande interesse sociale. Ci sarà pure una spiegazione. Speriamo, se sopravviviamo, di trovare ancora qualcuno che, nella Sanità pubblica, ci curi !

Guido . (indirizzo e – mail)

I MEDICI DELL’ASL, PROTAGONISTI DELLA CRONACA

NERA E GIUDIZIARIA, COME NULLA FOSSE ACCADUTO

Che disattenti i cronisti di Savona e Imperia, che distrazione anche per il fustigatore (?)  trucioli.it. Mi riferisco a i casi di due medici che fanno le guardie mediche (siamo nel mese di ottobre), nonostante le vicende di cui sono stati protagonisti e che abbiamo letto.

Ecco:…a Varazze il dottore della guardia medica in servizio nel Finalese scomparso un sabato sera è stato ritrovato nel porticciolo di Varazze. Si è trattato di un allontanamento volontario. Il medico, un 50enne di Campoligure, sta bene, anche se nei suoi confronti potrebbe scattare una denuncia a piede libero per interruzione di pubblico servizio. Il medico è stato ritrovato in stato confusionale, non ha fornito molte spiegazioni ai militari, tuttavia non è stato necessario il trasporto in ospedale o altre cure medico-sanitarie e poi riportato nella sua abitazione. Il dottore si era allontanato mentre era in servizio nella notte tra sabato e domenica, ad un certo punto non ha più risposto sul telefonino alle richieste di intervento, così dal 118 era scattato l’allarme per la sua scomparsa. Oltre 48 ore di ricerche in tutto il savonese e nella notte, intorno all’1:00, il lieto fine, quando già si temeva per il peggio (sono state ore di angoscia e preoccupazione per familiari e parenti, che non avevano ancora formalizzato alcuna denuncia di scomparsa nella speranza di un ritrovamento in breve tempo, come poi è avvenuto). Stando alle prime informazioni il medico avrebbe detto di essersi allontanato per “suoi motivi personali”, senza entrare, però, nei dettagli. Pare, tuttavia, secondo quanto trapelato, che fosse in cura per problemi di carattere mentale e psichico: ora la sua posizione è al vaglio dell’azienda sanitaria savonese a seguito del suo allontanamento improvviso e senza ragione dal servizio di guardia medica.

DA IMPERIA…L’ex dirigente della struttura complessa di medicina legale dell’Asl1 Imperiese è stata condannata a 6 anni e 6 mesi per la vicenda delle cosiddette autopsie fantasma, l’inchiesta della Guardia di Finanza che aveva di fatto smantellato la struttura. E’ scattata come pena accessoria l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed il pagamento di una provvisionale da 80mila da versare all’Asl oltre ad un risarcimento civile che dovrà essere quantificato successivamente. Per l’imputata anche il pagamento delle spese di rappresentanza all’Asl quantificate in 4.200 euro. La sentenza pronunciata dai giudici Donatella Aschero, Caterina Lungaro e Laura Russo, al termine di una camera di consiglio durata quasi due ore, dopo la requisitoria del Pubblico Ministero Grazia Pradella che aveva chiesto la condanna a sei anni e sei mesi. Quindi l’arringa del difensore Marco Bosio che aveva chiesto l’assoluzione o il minimo della pena con il riconoscimento delle attenuanti. L’imputata era accusata di falsità ideologica, peculato e truffa ai danni dello Stato.

Diego (email) da Varazze

OLIOLIVA DIVENTA OLITURISMO: DALLA COREA

FRANCIA E GERMANIA IN VISITA A 20 AZIENDE

Delegazione di sette operatori di aziende estere del settore dell’agroalimentare incontrano venti aziende liguri nell’ambito di Olioliva 2018. L’iniziativa è organizzata da Liguria International, in collaborazione con PromoRiviere di Liguria, l’azienda speciale della Camera di Commercio Riviere di Liguria. “I sette operatori – spiega il presidente di Liguria International Ivan Pitto –  provengono da Corea, Polonia, Francia e Germania, tutti mercati potenzialmente molto interessanti per le nostre aziende del food”. Organizzata per le aziende liguri una fitta agenda di appuntamenti per un totale di circa 200 incontri b2b. Gli operatori esteri, oltre a visitare Olioliva 2018, sono stati accompagnati all’interno delle aziende, entrando direttamente in contatto con alcune tra le più interessanti realtà produttive

L’assessore regionale all’Agricoltura Stefano Mai ha lanciato il progetto “Oleoturismo”. “Oleoturismo – ha spiegato  Mai – rappresenta un’opportunità di diversificazione del reddito per le aziende olivicole, attraverso percorsi che mettono a sistema tutti gli attori della filiera, facendo così conoscere le fasi della lavorazione, partendo dalla coltivazione e arrivando al confezionamento del nostro oro ligure. Attraverso percorsi guidati sarà quindi anche possibile capire quanto sia complicato lavorare nelle colline liguri plasmate e modellate dall’uomo, dove nella maggior parte dei casi le attività vengono ancora svolte come una volta, a mano. A titolo esemplificativo Regione Liguria e Oleoteca hanno organizzato tour che prevedevano visita in uliveto, con abbacchiatura e raccolta, in un frantoio, e al museo Carli”.

Sempre durante l’incontro il Consorzio di tutela olio extravergine DOP Riviera Ligure ha presentato in anteprima “Riviera Ligure DOP experience” progetto-pilota di turismo esperienziale per promuovere anche in senso storico e culturale le 3 DOP della Riviera Ligure (Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese e Riviera di Levante). I primi 3 pacchetti d’offerta interesseranno i territorio di Lucinasco (IM), Albenga (SV) e Lavagna (GE), dove i turisti diventeranno ambasciatori di Liguria e di DOP, raccontando l’esperienza vissuta anche tramite videoreport.

Carlo…(e mail) olivicoltore di Nasino

“Interroga la vecchia terra: ti risponderà sempre col pane e col vino” ( Annunzio a Maria di Paul Claudel )

Non dandosi speranza senza fede, proviamo a gustare la sapiente (sapio=gusto)Tradizione stando nell’attualità, anche la più “turbolenta”, come turbolento fu il clima del Concilio di Nicea, dove si dice (qui la tradizione è con la “t” minuscola) che Nicola di Bari abbia dato addirittura uno schiaffo ad Ario.
Questa fede “gustata” darà speranza anche a quelle per le quali ” i figlie so’ pezz’ ‘e core” per poter metabolizzare concetti indigeribili.
Occorre questa lucerna per illuminare le corsie di quell’ospdale-da-campo, proprio perché infortunati non possiamo soccorrere.
E per apprezzare la Tradizione proviamo a conoscere le professioni di fede da essa tramandateci:
Nel Nuovo Tesatamento ( cf Fil 2,11; 1 Cor 8,6; Mt 28, 29 ) troviamo dichiarazionidi di fede più o meno dettagliate.
Da questa espressioni della fede si svilupparono, nei secoli II e III, vari simboli di fede e varie “regole di fede” in funzione anti eretica, come ci testimoniano gli scritti dei primi Padri della Chiesa ( ad es. S. Ignazio di Antiochia, S. Giustino, S. Ireneo, Tertulliano).
Nell’opera attribuita a Ippolito romano, “La tradizione apostolica”, si trova una formula di fede in cui sono espressamente citate le tre Persone della SS. Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo ( indicata dagli studiosi con la sigla H );
Risale all’anno 215 circa, ed è una delle espressioni più antiche del cosiddetto ” Simbolo romano “.
Tale professione di fede (designata con la sigla R) si riscontra anche nelle opere di Marcello di Ancira (340) e Rufino di Aquileia (404).
Il Simbolo R è all’origine di vari simboli che nei secoli IV e V si usavano nelle Chiese d’ Occidente.
Il Simbolo R, con l’arrangiamento avvenuto in Gallia ed in Spagna, divenne nel secolo VII il “Simbolo romano”, attualmente in uso e classificato con la sigla T.
Così pure in Oriente, le antiche Chiese di Cesarea di Palestina, di Gerusalemme, di Antiochia, di Alessandria.
Nell’anno 325, al primo concilio ecumenico di Nicea, si condannò l’eresia ariana. Qui si promulgò il “Simbolo niceno” (indicato con la sigla N), probabilmente derivato da quello della Chiesa di Cesarea o da uno in uso nella zona siro-palestinese.
Per condannare l’eresia degli “pneumatomachi”, nel 381 si radunò un sinodo a Costantinopoli, successivamente riconosciuto come Concilio ecumenico.
Questi eretici negavano la divinità dello Spirito Santo. (Attualità: vedi i Testimoni di Geova, i Mormoni)
Qui nacque il nostro “Simbolo niceno-costantinopolitano” (indicato con la sigla C ).
Non fu solo una revisione di quello di Nicea, la sua connotazione va oltre la denotazione linguistica .
Fu, infatti, perfezionato ed approvato un Simbolo, forse della Chiesa di Gerusalemme, diverso dal niceno ( N ), sebbene sostanzialmente simile.
Nel 451, al concilio di Calcedonia il Simbolo di fede dei 150 Padri ( C ) viene come conferma del “Simbolo di fede dei 318 Padri ( N )”.
Divenne, da quell’anno 451, per tutti il “Credo niceno-costantinopolitano” più ecumenico e paradigma per tutti i simboli di fede.
In Occidente al Simbolo niceno-costantinopolitano fu aggiunta la specificazione ( il ” Filioque ” ) per cui lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio; quest’aggiunta diede un pretesto in più allo scisma della Chiesa d’Oriente. (Attualità: vedi i Testimoni di Geova, i Mormoni)
Si ricordano, inoltre, il cosiddetto “Simbolo atanasiano”, composto alla fine del V secolo (ecco perché non risale a S. Atanasio).
Fra quelli cattolici, la “Professione di fede tridentina” ordinata da Papa Pio IV, nel 1564; il “Giuramento anti-modernista” prescritto da Pio X nel 1910; il “Credo del Popolo di Dio, di san Paolo VI nel 1968.
Fra gli Ortodossi, si ricorda la “Confessione” del metropolita di Kiev, Pietro Maghila del 1640 ed approvata dai patriarchi orientali nel 1643. Tra i Luterani, la “Confessione di Augusta” del 1530, redatta da Filippo Melantone; tra gli Anglicani, la “Confessione in 39 articoli” del1563. ( cfr. Famiglia Cristiana N. 9/1989 ).

Michele Di Giuseppe

Liguria spiagge perse e la pesca di StefanoLegambiente: canoni demaniali bassi e guadagni alti. I risarcimenti? Ai pescatori

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Riprendiamo ed ampliamo quanto scritto in “Trucioli” 11 novembre 2018. Quarantatrè per cento: è il tasso di erosione delle coste della Liguria secondo recenti calcoli dell’Università di Genova. Una percentuale che non sembra preoccupare, inferiore a quella di altre regioni, ma a rendere invece la situazione delicata è il fatto che in Liguria l’80% della popolazione vive sulla costa.

La spiaggia di Bergeggi prima della costruzione dei pennelli

La spiaggia di Bergeggi dopo la costruzione dei pennelli

Negli ultimi cinquant’anni si sono perse decine di spiagge in Liguria, e solo la memoria storica dei paesi (e gli archivi fotografici) ridisegnano un andamento della costa molto differente dall’attuale. Come accaduto alla spiaggia “sotto la ginestra“, scomparsa a Bogliasco, o a quella tra Ceriale e Albenga. La Regione Liguria ha accelerato il piano di salvataggio delle coste, raddoppiando la posta di bilancio, destinata ai Comuni e finalizzata proprio al ripascimento e alla messa in sicurezza di coste e arenili. Purtroppo le intenzioni della Regione, dopo quanto successo, sono rimaste solo come piano d’intento.

L’assessore regionale all’Ambiente e al Demanio e Tutela del Paesaggio, Marco Scajola, afferma «Stiamo preparando un progetto, per attingere a fondi Ue, per ripristinare la spiaggia tra Ceriale e Albenga, scomparsa. Questo tipo di interventi è costosissimo perché tutto deve essere progettato nei minimi particolari. Spesso, intervenendo su un arenile si rischia di distruggere, intercettando correnti, quelli accanto». «Tanto che i funzionari dell’assessorato stanno valutando i curriculum di alcune aziende olandesi specializzate in nuove tecniche di ripascimento»

Altra spiaggia perduta e che potrebbe essere ricreata proprio grazie a un intervento di manutenzione è a Bogliasco, nel levante genovese. “Sotto la ginestra” era una spiaggia popolare tra l’attuale “sotto chiesa” e il castello di Bogliasco. Uno spiaggione di sassi dove, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, generazioni di secchielli e palette si sono avvicendati. Tre furiose mareggiate negli anni Ottanta l’hanno completamente cancellata. Ed ora, in pericolo, c’è pure la passeggiata a mare, che corre proprio lì sopra. «Abbiamo costruito un pennello di massi in corrispondenza dell’antica spiaggia – spiega Luca Pastorino, presidente del consiglio comunale di Bogliasco (ex sindaco e parlamentare di Possibile) – per salvare la passeggiata. I geologi ci avevano spiegato che in cinque anni sarebbe crollata. Ma questa barriera di massi potrebbe rompere le correnti erosive e pure favorire un accumulo di detriti, che potrebbero anche portare alla formazione di una nuova spiaggia». La Liguria è una terra delicatissima, esposta a mareggiate in ogni momento dell’anno, dove l’erosione toglie centimetri di costa antropizzata ogni anno.

Come si presentava la spiaggia di levante a Bergeggi

Tra i borghi liguri più belli, cancellati dalla furia dei marosi c’è Boca d’azë o Bocadâze. La spiaggia non esiste più, al suo posto rocce sbattute da una violenza indicibile. Boccadasse, il borgo tanto amato dai genovesi e non solo, ha vissuto una notte davvero difficile a causa della mareggiata storica che si è abbattuta sulla costa ligure, nella notte non sono stati solo gli arredi urbani, la spiaggia e le barche a vedersela brutta. Praticamente distrutto il moletto di Ponente, le barche sono state sbattute ovunque. Allagate le attività al piano terra. Sulla spiaggia era tipico vedere alcune barche di pescatori che proprio da qui partono per le varie battute di pesca giornaliere. Tra tutte poi, la barca denominata GE8317, pare sia una delle più fotografate: oltre a portare il nome di una attività che propone ittiturismo tuttora presente a Genova, si dice sia presente proprio sulla spiaggia di Boccadasse da più di sessant’anni

I RISARCIMENTI – I balneari piangono e chiedono lo stato di calamità naturale ed il risarcimento del danno subito. Ciò, però, è aleatorio. Il risarcimento spetterebbe più alle cooperative dei pescatori, quelli dotati di gozzi e non di motopeschereggi d’altura.

Stefano, un pescatore ligure verace, con gozzo proprio, illustra il mestiere: “Ami, esche, lenze, canne, fiocine, reti, nasse. Bolentino, gozzo, lampara e sagola. Ci siamo cresciuti in mezzo a questi termini, ce li insegnavano a scuola durante le immancabili uscite didattiche; eppure che cosa sappiamo, noi liguri, del pesce, che a volte ci dimentichiamo persino di comprarlo, e finiamo per cercarlo solo al ristorante?  Molta parte del nostro essere liguri, entroterra e monti compresi, attinge essenza ed unicità proprio dalle acque che abbiamo di fronte, e noi, che non siamo molto disponibili a farci carico “anche” dei problemi del mare, alla fine non sappiamo bene cosa c’è dietro quelle onde e come succede che i suoi frutti, cioè il pesce, arrivino sulla nostra tavola.«Nella nostra regione –  prosegue Stefano – il mercato del pesce più esclusivo spesso non passa neanche dalle pescherie, ma si conclude fra il pescatore ed il diretto acquirente, che sia un privato o un ristoratore. Io, ad esempio, ho una lista di persone che aspettano solo di essere chiamate: quindi se oggi pesco totani chiamo il cliente che mi ha detto che li vorrebbe, o quello che comunque li prende sempre; se pesco, che so, la ricciola, chiamo chi ho in lista per quello e così via. Non vado neanche a vedere i prezzi che fa il mercato per quei pesci, io voglio vendere il pescato e so che, avendo una bella lista di clienti, difficilmente mi rimarrà invenduto. Ecco, il milanese, il torinese, una cosa così non possono averla, devono passare comunque attraverso gli intermediari e non trattando direttamente con chi pesca è ovvio che molto spesso devono prendersi pesce di vivaio o proveniente dall’estero, spesso da Croazia e Grecia»

A NOLI BALNEARI E PESCATORI IN GINOCCHIO – Danni ingenti a Noli. «Il maltempo ha spazzato via totalmente le due economie locali di Noli: i pescatori e i balneari, che hanno subito danni ingenti. La situazione è molto critica, è tutto da ricostruire” , scrivono i giornali locali.

La  “Cooperativa Luigi Defferrari “, fra i pescatori”, risale al 1941 e segue le precedenti sin dal 1909 e costituisce un raro esempio di reciproco aiuto concreto tra i soci, allo svolgimento di un’attività artigianale tanto complessa quanto difficile, alla quale garantisce un indispensabile livello di sicurezza e di praticabilità. La piccola flotta di pescatori è sempre stata un’ icona della vita sociale del borgo tanto che in occasione della festa di S. Eugenio, si realizzava una processione marina fino all’isolotto di Bergeggi, mentre il borgo era addobbato con una infiorata diffusa e una luminaria di candele ad ogni finestra. Oggi purtroppo, mentre i passati fasti sono ancora nitidi nella memoria di molti, i pescatori associati diminuiscono causa il limitato ricambio generazionale, sebbene le barche escano in mare con equipaggi multipli, con alcuni giovani e anche quella che era stata, fino ad un anno fa, una coraggiosa, ma unica presenza femminile.

IL PESCATO DI NOLI A CHILOMETRO ZERO – La situazione attuale è molto cambiata e se da un lato conserva le difficoltà e i rischi tipici dell’attività, sebbene un po’ mitigati dai moderni strumenti tecnologici di bordo, tuttavia i benefici economici e le condizioni generali dei pescatori artigianali sono insoddisfacenti. Poi pesano molto da un lato le limitazioni normative e dall’altro quelle ambientali marine, accanto ai notevoli costi di esercizio. Inoltre, risaputa e persistente è la diminuzione del pescato del Mediterraneo, afflitto da criticità ecologiche connesse ad una pressione antropica inquinante notevolissima che incide sull’equilibrio dell’ecosistema marino. Da qui le conseguenti limitazioni Europee, dei periodi di pesca e delle tipologie, alcune certamente discutibili, altre non rispettate da tutti i Paesi. Sta di fatto che non si vedono più le “lampare”notturne ed è vietata la “sciabica”. Quest’ultima, una pesca storica con reti tirate da terra e l’assistenza in mare delle barche, è stata equiparata erroneamente a quella a strascico effettuata dai grandi pescherecci, questi si capaci di produrre danni ai fondali marini, mentre non pare possibile che ciò sia fattibile dalle ridotte reti dei pescatori Nolesi. Infine sono cresciuti in modo esponenziale i costi per l’acquisto dei gozzi, per la loro manutenzione e per quella dei motori, per l’ecoscandaglio e le attrezzature per la navigazione sicura, i costi del carburante, le assicurazioni. E’ poi venuto a mancare l’aiuto per la riparazione delle reti che tradizionalmente era svolto dalle “pescelle” le donne che preparavano anche il pesce per la conservazione. Dunque si sta profilando una prospettiva inquietante di un futuro di Noli senza i pescatori. Eppure essi svolgono una funzione importante rifornendo di pesce a km zero almeno in parte i ristoranti e i cittadini oltre a giocare ancora un ruolo irripetibile per la promozione turistica più qualificata.

Costituiscono una componente del patrimonio culturale del borgo, che per le valenze positive indotte sulla collettività, è doveroso rivitalizzare e riqualificare mediante un quadro di iniziative di sostegno capaci di mitigare le difficoltà e incentivare la fondamentale funzione della Cooperativa Luigi Defferrari al fine di invertire un percorso generale regressivo, persistente da troppo tempo su Noli.

La spiaggia centrale di Noli in una foto di qualche anno fa

I BALNEARI E LA DIFESA DELLA COSTA  – Tornando ai balneari, non è che concedere l’arenile ai privati si preservino e/o si favoriscono le difese della costa anzi l’utilizzo della spiaggia, oggi come oggi, peggiora le condizioni naturali di difesa.  I litorali italiani sono di proprietà dello Statoe come tali sono sotto la tutela del Demanio marittimo; non solo i costoni più o meno alti ma anche gli arenili. Il mare territoriale, così come il suo fondo e sottofondo, é soggetto alla sovranità dello Stato che, sebbene sottoposta ad alcune limitazioni, è analoga a quella esercitata nello spazio aereo, sul territorio e sulle acque interne. In particolare, sul mare territoriale lo Stato esercita la polizia della navigazione latu sensu, la vigilanza doganale, il diritto d’esclusione delle navi da guerra straniere dalla navigazione nazionale e la giurisdizione civile e penale. Nel mare territoriale è inoltre consentito il transito inoffensivo alle navi mercantili straniere, tuttavia, in casi particolari, le acque interne possono anche essere dichiarate chiuse al traffico, mentre per le navi da guerra straniere il transito inoffensivo presuppone una richiesta d’autorizzazione alle autorità centrali. Con L. n. 359/1974 l’estensione del limite delle acque territoriali italiane è stato ampliato a 12 miglia.

I beni facenti parte del demanio marittimo sono elencati nell’art. 28 c.n. (generalmente considerato come una specificazione integrativa dell’art. 822 del Codice Civile) che cita testualmente: “Fanno parte del demanio marittimo: a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade; b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno una parte dell’anno comunicano col mare; c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo”. Il lido del mare che, per definizione, è quella porzione di litorale che si trova ad immediato contatto con il mare e che si estende fin dove arrivano le massime mareggiate invernali, con esclusione dei momenti di tempesta. Nella nozione di lido rientrano anche le scogliere, gli scogli, i massi scogliosi, le dighe naturali, i promontori e le punte, in quanto si presentano in aderenza con il mare. Per giurisprudenza ormai consolidata (Cass. n. 2417, Sez. II 23 aprile 1981), ai fini dell’appartenenza di un’area rivierasca al demanio marittimo, si ritengono essenziali i seguenti requisiti: a) che l’area sia normalmente coperta dalle mareggiate ordinarie; b) che almeno in passato sia stata sommersa e che tuttora sia utilizzabile per uso marittimo; c) che, comunque, il bene sia necessariamente adibito ad usi attinenti alla navigazione, anche solo potenzialmente.

Gli arenili sono tratti di terraferma “relitti” del naturale ritirarsi delle acque che pur avendo perso un’immediata idoneità ai pubblici usi del mare ne conservano la potenzialità. Essi hanno natura demaniale marittima fino a quando non intervenga un decreto di sdemanializzazione da parte del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di concerto con quello per le Finanze, su proposta del Capo del Compartimento marittimo, come previsto dall’art. 35 c.n..

I beni appartenenti allo Stato, per legge, dunque, sono gestiti dal demanio marittimo, che spesso è oggetto di concessioni nei confronti di determinate imprese specializzate nel settore. Dette imprese, possono gestire – su una determinata spiaggia e su un determinato lido – attività turistiche, attività ricreative e possono, dunque, creare degli stabilimenti dotati di bar, ristoranti, ombrelloni, sdraio: insomma, tutto ciò che siamo abituati a vedere quanto andiamo al mare e non sostiamo in una spiaggia libera.

DOSSIER DI LEGAMBIENTE E L’INCHIESTA

DI PRIMOCANALE TV SULLE SPIAGGE LIBERE IN LIGURIA – Oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari “con concessioni senza controlli e canoni bassissimi a fronte di guadagni enormi”. A rivelarlo i numeri che Legambiente ha raccolto nel dossier “Le spiagge sono di tutti!“, che denuncia il fenomeno della privatizzazione delle coste italiane, delle concessioni senza controlli e dei canoni bassissimi a fronte di guadagni enormi per gli stabilimenti e di un misero introito per lo Stato (nel 2016 ha incassato poco più di 103 milioni). In Italia trovare un pezzo di costa libera è diventata una vera e propria impresa per turisti e cittadini. “Le poche spiagge libere – secondo il dossier – si trovano spesso vicino a foci di fiumi o su tratti di costa dove la balneazione è vietata” insomma spesso porzioni di costa di ‘serie B’. Primocanale all’inizio dell’estate si era occupato della situazione delle spiagge libere liguri con ‘Live Road‘ ed Elisabetta  Biancalani andando proprio a verificare se nella nostra regione venisse rispettato il limite del 40% di spiagge libere in ogni comune, limite rispettato in soli pochissimi casi. “In Liguria solo il 14% della costa presenta spiagge libere, in Emilia Romagna il 23%, ma i dati sono molto differenti tra le regioni e nessun ministero si occupa di monitorare quanto sta avvenendo.”

In Italia sono ben 52.619 le concessioni demaniali marittime, di cui 27.335, sono per uso “turistico ricreativo” e le altre distribuite su vari utilizzi, da pesca e acquacoltura a diporto, produttivo (dati del MIT). Si tratta di 19,2 milioni di metri quadri di spiagge sottratti alla libera fruizione. Se si considera un dato medio (sottostimato) di 100 metri lineari per ognuna delle 27mila concessioni esistenti, si può stimare che oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari. In alcuni Comuni si arriva al 90% di spiagge occupate da concessioni balneari. In tema di concessioni del demanio marittimo, per troppo tempo il sistema italiano è stato contrario alle previsioni europee. Dal 2020 si cambierà davvero rotta ?.

Attualmente, il nostro ordinamento prevede il rinnovo automatico delle concessioni. Rinnovo predisposto generalmente in favore del concessionario uscente e, dunque, sempre nei confronti della medesima impresa. Circa l’origine storica della vicenda, deve precisarsi che l’utilizzabilità del demanio marittimo per finalità turistiche e commerciali ha avuto il suo primo riconoscimento ufficiale nel 1977. Poi, in considerazione dell’enorme potenziale economico e lavorativo che dava lo sfruttamento del litorale, si scelse un sistema di rinnovo automatico senza limiti temporali. Così i gestori degli stabilimenti balneari considerano il litorale come una sorta di proprietà privata ed allo stesso tempo iniziano a fare investimenti e opere per il suo massimo sfruttamento economico. Si stima, infatti, che le imprese turistiche del settore siano oltre 30mila. Il sistema di rinnovo automatico delle concessioni può creare ingiustificate situazioni di privilegio nei confronti di chi sia già in possesso di una concessione ed, allo stesso tempo, impedisca di effettuare una selezione imparziale e trasparente dei potenziali candidati all’ottenimento di analoga concessione, violando i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento.

L’adeguamento alla direttiva europea è un procedimento legislativo abbastanza complesso perché richiede la modifica e/o abrogazione delle norme con essa incompatibili, l’adozione di quelle mancanti, la tutela di diritti nel frattempo sorti ecc. Allo stesso tempo trova anche l’ostilità di quelle categorie professionali – i gestori degli stabilimenti balneari nel caso di specie – contrarie alla perdita di un diritto oramai acquisito e consolidato. Si tratta, dunque, di un percorso graduale che è iniziato nel 2010 e che dal 2020 cambierà in modo definitivo il modello delle concessioni del demanio marittimo.

L’adeguamento alla normativa europea ha condotto ad un sistema di liberalizzazioni prorogando le concessioni in essere fino al 31 dicembre 2020. Da quella data la concessione delle spiagge e del demanio marittimo saranno messe all’asta. Dunque, la selezione – imparziale e trasparente  – avverrà tra tutti i candidati e non solo tra coloro che, ormai da tempo, gestiscono lo stesso lido in forza di rinnovi automatici e tali da creare ingiustificati privilegi. Si aprirà, quindi, una gara nella quale potranno “risultare vincitori”, in base a determinati requisiti e criteri, tanto i “concessionari abituali” che le nuove imprese specializzate nel settore.

Il BOLLETTINO UFFICIALE REGIONALE 30/05/2012 n. 11, ha pubblicato l’attuale legge in vigore “LEGGE N.21 del 2012 – Modifiche alla legge regionale 28 aprile 1999, n. 13 (Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell’ambiente marino e costiero, demanio marittimo e porti)”, dove l’art. 11 recita:

Articolo 11 quinquies 1 – (Tipologia di opere ammesse in area demaniale)

1. Fatto salvo il rispetto della pianificazione di tutela dell’ambiente marino e costiero attuativa dell’articolo 41 della legge regionale 4 agosto 2006, n. 20 (Nuovo ordinamento dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure e riorganizzazione delle attività e degli organismi di pianificazione, programmazione, gestione e controllo in campo ambientale) e successive modificazioni ed integrazioni, sulle spiagge e sulle scogliere è ammessa:

a) la realizzazione di nuove costruzioni e manufatti non in muratura che devono essere smontati e rimossi dal sedime demaniale qualora al di fuori della stagione balneare non svolgano l’attività oggetto della concessione demaniale marittima; a garanzia dell’effettivo smontaggio e rimozione, il concessionario è tenuto a depositare idonea fidejussione al Comune;

b) la realizzazione di nuove costruzioni e manufatti in muratura o interrati solo quando si tratti di:

1 – opere pubbliche;

2 – opere di adeguamento tecnologico e igienico-sanitario interrate derivanti da obblighi di legge;

3 – opere di rilevante interesse pubblico connesse all’attuazione di interventi previsti nella pianificazione urbanistico-territoriale che conseguano la positiva pronuncia di valutazione di impatto ambientale.”.

La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Liguria. – Datata Genova addì 29 maggio 2012. Ordunque, tutti gli stabilimenti balneari dovrebbero essere smontati a fine stagione o a fine cure elioterapiche, per dare corso all’ordinanza. Purtroppo sono in un numero esiguo o per lo meno non vengono completamente smontati; i gestori di tali stabilimenti dovrebbero smontare non solo le cabine ma anche il chiosco che insiste sull’arenile. Non viene fatto in quanto considerano il litorale come una sorta di proprietà privata e in forza di rinnovi automatici pensano che sia un loro sacrosanto diritto quello di giustificare i privilegi acquisiti.

LA SORTE DEI CHIOSCHI BAR – Il chiosco, al di fuori della stagione, viene adibito a magazzino; a secondo della superficie si accalcano al suo interno: sedie, tavolini, giochi bimbi, attrezzature di pronto soccorso, gavitelli, natte, frigoriferi vari, banconi, friggitrici, macchine per il caffè, oltre a qualsiasi strumento di utilinseria metallica che serva per la stagione successiva. Sul litorale di Bergeggi, da un chiosco la cui parete fronte mare è stata demolita dalla furia delle onde e del vento, in bella mostra si osserva che sono accatastate le pareti smontate delle cabine. Nei filmati e/o fotografie, trasmesse dalle varie testate giornaliste, il giornalista commentatore, attribuisce all’onda anomala tali “aggroviglio” di suppellettili all’interno di tali chioschi; prima di dire “fesserie” sarebbe opportuno che si facesse un aggiornamento.

Alesben B.


Noli, il dramma dei pescatori e le colpe dell’uomo. Basta ignorare ciò che tutti vediamo, ripascimenti lesivi e canali occlusi

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A seguito della forte mareggiata che ha trovato nel litorale così ormai concepito, rispetto al passato, terreno fertile per infierire sulle strutture, in questi giorni ho potuto constatare personalmente come una non corretta informazione può spesso originare, quando si estende a macchia d’olio, un clima di pregiudizi, che, allo stato dei fatti, risultano sbagliati.

Viene solo da domandarsi perchè i precursori dei bagni marini, senza in allora tante leggi e paletti, Soprintendenze, Conferenze dei Servizi, Commissioni edilizie, ma solo buon senso, frutto di esperienza, abbiano scelto di costruire i Bagni Anita e Bagni Vittoria su palafitte, lasciando lo spazio tra veranda e arenile (in allora più alto di oltre un metro) come deposito per le cabine smontate e protette da paratie in legno.
Nei tempi moderni, le stesse aree hanno subito trasformazioni per destinazioni  d’uso differenti, con macchinari costosi per ristorazione, che solo paratie stagne sarebbero in grado di poter  proteggere.
Ciò detto, importante, auspicabile è che, sia chi l’ha creata questa disinformazione, sia chi l’ha fatta sua, l’abbia poi trasmessa in buona fede; cosa che può capitare, appunto, ma solo alla gattina frettolosa….
Mi riferisco a quello che “la gente” dice in paese a proposito dell’apparente inerzia dei pescatori, che ancora oggi, 10 novembre, vengono commentate e che interessano la zona centrale della marina, la sua pulizia, con gli stessi che, bontà loro, si ironizza, “sperano in Dio“.
Esauditi ? Qualcuno ci ha comunque pensato, organizzando una raccolta fondi con tanto di iban per aiutarli nel coprire le ingenti spese di materiale andato distrutto.
Occorre tenere presente (evidentemente nessuno ne è a conoscenza) che la Cooperativa Pescatori ha in concessione il solo scivolo per alaggio e deposito barche, mentre la passeggiata e l’arenile fanno parte del demanio pubblico, cioè di tutti noi,  ragion per cui, allo stato dei fatti, ognuno risulta responsabile, sotto tutti gli aspetti, della sua parte.
Questa mareggiata ha riversato sull’Aurelia oltre 10 cm di sabbia, subito rimossa, per poi lasciarne oltre 20 cm  sulla passeggiata e oltre 50 al fondo dello scivolo.  La mareggiata ha pressoché completamente distrutto la potenzialità delle attrezzature da pesca di tutti i soci accumulate in contenitori di plastica rovesciati dalle onde; poche le reti recuperate poco per volta (seppure con qualche danno alle maglie), una piccola parte risucchiata dal mare, mentre il resto è risultato irrecuperabile perchè attorcigliate sotto la sabbia e, rimosse dalla ruspa (del Comune), sono state  depositate presso i bagni Lido per essere destinate alla discarica.
Ai pescatori che hanno chiesto al responsabile LL.PP. del Comune le modalità di come poter rimuovere da subito la sabbia dallo scivolo di loro competenza, così da trasferire dalla passeggiata le barche, oltre che rimuovere le reti attorcigliate sotto la sabbia, è stato loro risposto di attendere la pulizia della passeggiata e del surplus di arenile alla base dello scivolo; lavoro da realizzarsi da parte dei mezzi meccanici impiegati dal Comune stesso, creando dei cumuli, per poi trasportarla altrove.
Per la cronaca, en passant:  è inconfutabile che tutta questa sabbia che proviene dal fondo della battigia lato mare, è il surplus dei ripascimenti. Esistono prove documentali e fotografiche inconfutabili, ma c’è chi non lo sa o lo dimentica.
Tra l’altro, non si ha ancora notizia certa della condizione dei due motori elettrici utilizzati per alaggio delle barche, smontati e trasportati in officina in quanto non più funzionanti a seguito dell’allagamento della  loro custodia  sulla passeggiata; costo minimo 3.000€.
Da aggiungere il costo della macchina produzione ghiaccio, oltre 15.000€, andata persa a seguito dell’allagamento del locale sotto la giostra, già oggetto nel passato di contenzioso con la Giunta Repetto: sgradevoli episodi  ben documentati in diverse note su Trucioli.it
Con occhio neutrale, chiunque avrà potuto constatare lo stordimento di persone, di lavoratori avviliti che hanno subito un trauma psicologico/finanziario, una situazione che non deriva certo da colpe a loro attribuibili, se non quella di aver continuato, rispetto al passato, con un esagerato accumulo di reti sullo scivolo o nei contenitori.
Per favore, non dovremmo giudicare, magari comodamente seduti, chi siano i buoni, chi i fannulloni in questa tragedia; a meno che non vogliamo riutilizzare il sempre noto slogan  “alziamoci e partite” (sia pure modificato).
Sarebbe auspicabile da parte degli amministratori un serio riesame sulle costanti problematiche negative create dalle mareggiate, come affrontarle, come risolverle, ma con chiarezza, non con palliativi; non in difesa di soli interessi di parte, ma a salvaguardia di tutta la comunità, tenendo ben presente la storia del nostro arenile. E quella dei nostri pescatori, degli ultimi ‘eroi della pesca’ della nostra amata Noli.
Basta sentir affermare:“meno male che non ha piovuto come dalle altre parti...”.
Basta con i canali di sfogo delle acque piovane da Corso Italia e Piazza del Comune al mare occlusi dalla sabbia, liberi nel passato!!!  Tutti gli anziani (nolesi) lo sanno!!!
Basta vedere il delta del torrente S. Antonio sotto il ponte stradale quasi occluso dalla sabbia, situazione che impedisce il normale (come una volta) sfogo a mare, che crea le relative concatenanti conseguenze negative su Corso Italia a causa della trappola “mose” in caso di esondazione proprio a monte del “mose” stesso: guardare per credere.
Purtroppo questa è la storia di una diffusa, vincente politica clientelare del profitto, quella che insegna che non conviene avvalersi della prevenzione, essere severi nelle scelte, quelle da cui non ti devi aspettare  che prima o poi ci possa scappare il morto.
Case antisismiche? Certo che sì. Perchè allora non stabilimenti balneari anti onda ?

Carlo Gambetta

Savona e la sindaca scrisse: La mia città del futuro con investitori italiani e stranieri

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Silvio Berlusconi esibiva il ‘contratto con gli italiani’ ostinandosi a giurare che aveva rispettato 4 obiettivi su 5. Era il 2001 ed ebbe fortuna. Gli elettori gli diedero fiducia. Nel 2018, sempre nel salotto televisivo di Bruno Vespa, la firma del ‘patto con gli italiani’, ribattezzato ‘il patto di San Valentino’, ma è stata una ‘debacle’. Nel suo ‘piccolo’ Ilaria Caprioglio, 49 anni, programma elettorale e sulle ali del rinnovamento, nelle elezioni del giugno 2016, si era guadagnata una netta e storica vittoria. Prima lady nella storia di Palazzo Sisto. E’ trascorso un anno anche dall’impegno firmato sul ‘savonese’ Secolo XIX. Titolo: ‘Stiamo costruendo la Savona del futuro’. Non è frequente il giornalismo che mette a confronto ieri ed oggi, promesse mantenute, obiettivi e risultati raggiunti. Più che una pagella si potrebbe invocare la credibilità e l’affidabilità, capacità e coerenza, meritocrazia e coraggio; sensibilità a trarre le conseguenze se il caso. Qual è lo stato di salute di Savona capoluogo dopo due anni e mezzo di ‘cura Caprioglio e C’.

La ossequiosa stretta di mano tra l’ex presidente della Provincia Angelo Vaccarezza e Ilaria Caprioglio neo sindaco

Non sono mancati in questi ultimi mesi i cori, le firme, le voci  di delusione, un distacco crescente anche da chi l’aveva votata e sostenuta, fiduciosi che comunque sarebbe stata capace di un colpo d’ala di fronte alle tante difficoltà. Oppure attenta al clima che si respira in città e che la circonda. Forse alcune critiche sono ingenerose, forse si dovrebbe condividere il suo operato con la squadra di assessori, con la maggioranza che le assicura il ‘carburante’ per continuare. Non abbiamo una lente sufficiente per giudicare alla stregua di chi in tempi passati seguiva passo a passo la cronaca del Municipio. Ogni mattina si varcava la soglia e si tornava in redazione per dare conto delle notizie. E spesso i contatti proseguivano. Insomma la ‘casa di vetro‘ dei cittadini ‘marcata a vista’ si suole in gergo giornalistico. I tempi sono mutati, le redazioni periferiche ridotte all’osso. Anche la cronaca politica, settore delicato e strategico per un quotidiano regionale, viene ora affidata spesso a collaboratori, magari pagati a notizia, senza protezione legale in caso di querele, comprese quelle intimidatorie; esposti al potere di turno, alle prese con più incombenze da seguire. Accade così che al di là della preparazione e dell’onestà intellettuale è facile ‘perdere‘ il dietro le quinte del palazzo e ancor più non  approfondire.

In sintesi quali sono stati gli impegni del sindaco, ribaditi nero su bianco, un anno fa ? Il centro sportivo anche per la disabilità con il Campus. I progetti dei privati per il recupero di Villa Zanelli con arte.  Una città con parcheggi di cintura dai quali si raggiungerà il centro  pedonalizzato  grazie a navette elettriche. Un fronte mare ininterrotto  con pista ciclabile e passeggiata da ponente a levante.  Via Nizza e Villa Zanelli  i primi tasselli per cambiare il volto del territorio.  Fortezza Priamar bando per trasformare l’ex ostello  in residence per studenti universitari affinchè il Campus interagisca con la città.  Sala di rappresentanza universitaria a Palazzo della Rovere dove sarà trasferita la Biblioteca come nuovo punto di aggregazione.

“Stiamo attraendo – proseguiva la sindaca –  investitori italiani e stranieri, interessati ad aprire  attività ricettive in costruzioni storiche  come il San Giacomo. Anche grazie alla visibilità ottenuto  con Savona prima città Europea – e tra le rpime cinque al mondo –  ad avert aderito al progetto internazionale  Leed for Cities dedicato alla sostenibilità. Ci stimo inoltre proponendo come  Città dello Sport accessibile a tutti.  Come dimostrano i recenti Giochi Paralimpionici Europei Giovanili. Il progetto per diventare  il primo centro nazionale  di Sport del mare, in collaborazione con Campus e Coni. Una città all’avanguardia – proseguiva – da consegnare  alle nuove generazioni, rispettosa dell’ambiente e ricca di servizi per residenti e turisti….una visione con importanti scenari internazionali, liberandoci  di un certo provincialismo  e diventare una città  protagonista in Italia e nel mondo”.

IN SALA ROSSA SBARBARO E I LICHENI

Savona Tpl allergica all’energia greenI nuovi bus? no a motori ibridi o elettriciHa un parco di 222 mezzi, età media 12 anni

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TPL Savona si appresta ad acquistare alcuni bus “tradizionali” ovvero con motore a combustione interna. Non motori ibridi, né tantomeno a motore elettrico. Già la scelta del motore ibrido sarebbe conveniente, ed ancor più l’elettrico? Qualche osservazione.

Il presidente TPL Strinati ‘sorretto’ dal sindaco Berruti, dal vice Di Tullio e dall’on Vazio

In occasione dell’Automotive Dealer Day di Verona di quest’anno, l’Unrae (Unione Nazionale Rappresentati Autoveicoli Esteri) ha presentato i dati di uno studio sulla mobilità in Italia e in Europa.

Lo studio è stato svolto in collaborazione con il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e il Censis, noto istituto di ricerca italiano.
Temi rilevanti l’ inquinamento, l’ obsolescenza dei veicoli circolanti, la crescita della sharing mobility e delle auto a zero emissioni.
L’età della “popolazione mobile”.
In Italia, sostiene l’Unrae, preoccupano i dati sul trasporto pubblico locale (Tpl).
Nel nostro paese, i mezzi pubblici sono decisamente peggiori di quelli europei.
Nell’elaborazione del giudizio pesano l’età del parco mezzi e l’incapacità di soddisfare la domanda di trasporto pubblico, specialmente nelle zone periferiche delle grandi città.
L’età media degli bus italiani è tra le alte in Europa:
– 11,4 anni contro
– 6,9 della Germania,
– 7,6 del Regno Unito e
– 7,8 della Francia,
– 6,7 dell’Austria
per una media europea che si attesta intorno ai 7 anni.
Numeri da non sottovalutare in quanto l’obsolescenza delle flotte di mezzi pubblici e l’offerta insufficiente costituiscono le prime cause del ricorso ai mezzi privati.
Sempre più Italiani si dicono costretti a spostarsi con le proprie auto, ma anche queste sono tra le più vecchie in Europa.
A oggi, un’auto circolante sulle nostre strade ha mediamente 11 anni di vita, troppi se si considera il loro tasso di inquinamento oltre che per la sicurezza.
Nel 2014 secondo un’elaborazione del Centro Ricerche Continental Autocarro su dati Aci, l’età media dei bus era:
Campania età media di 15 anni e 8 mesi
Sicilia (14 anni)
Calabria (13 anni e 9 mesi)
Basilicata (13 anni e 6 mesi)
Marche (13 anni)
Valle d’Aosta (6 anni e 2 mesi)
Friuli Venezia Giulia (8 anni e 8 mesi)
Trentino Alto Adige (8 anni e 11 mesi)
SICUREZZA, CONSUMI, AMBIENTE, MANUTENZIONE – Il fatto che siano in uso veicoli molto vecchi pone serie problematiche per quanto riguarda la sicurezza della circolazione e l’impatto ambientale.
La tecnologia negli ultimi anni ha fatto passi da gigante e gli autobus di ultima generazione sono profondamente diversi da quelli di dieci anni fa: l’utilizzo di autobus più recenti porterebbe grandi vantaggi alle società di trasporto, dal momento che l’efficienza di questi mezzi è stata notevolmente migliorata, e quindi i consumi di carburante e le emissioni di sostanze nocive sono diminuite sensibilmente.
E’ lecito farsi una domanda: la richiesta di innovazione per aumentare l’efficienza esiste veramente da parte delle aziende di trasporto pubblico locale, e dalle comunità locali ?  In un periodo caratterizzato da una forte crisi economica e da una limitatissima possibilità di spesa da parte degli enti locali, le possibilità di accelerare il ricambio dei mezzi più vecchi ancora in circolazione sembrerebbero veramente ridotte.  C’è qualche possibilità per Savona?  TPL Savona ha in parco 222 mezzi con un’età media di 11,60 anni, allineata con la media  Italiana, ma ben lungi dalla media europea di 7 anni e ben lungi dalla Valle d’Aosta (6 anni e 2 mesi). Avere un’età media di 11,6 anni significa che c’è qualche mezzo con 1 o 2 anni di vita ma anche mezzi con 25 anni di vita.
Per portare la media da 11,60 a 7 anni occorrerebbe sostituire 88 bus. C’è anche da mettere in luce che mezzi differenti per azienda produttrice od appartenenti a generazioni diverse, perché acquistati nel tempo, dal punto di vista manutenzione creano problemi: non c’è intercambiabilità di componentistica, e quindi c’è un aggravio di costi rispetto ad una “omogeneità” del parco mezzi.
Ad esempio: Londra che fa ? Svolta green a Londra: i bus a due piani diventano elettrici: arriveranno nell’estate 2019 e saranno 68 i nuovi modelli che circoleranno per le strade della capitale inglese: l’obiettivo è quello di rendere elettrici tutti i “double decker” presenti entro il 2020 per puntare poi, entro il 2037, all’elettrificazione dell’intera flotta per ridurre in maniera drastica l’inquinamento in città.
37 saranno realizzati dalla scozzese Alexander Dennis Limited insieme con la cinese Byd, gli altri 31 dalla società britannica Optare: lunghi 10,9 metri e dotati di scala di vetro per collegare i due piani, utilizzeranno batterie ricaricabili al litio-ferro-fosfato che garantiranno il funzionamento dei mezzi per l’intera giornata con una singola ricarica.
I nuovi bus si aggiungono a quelli già presenti e serviranno a rendere possibile l’elettrificazione dell’intera flotta dei double decker entro il 2020 con l’obiettivo, entro il 2037, di passare totalmente all’elettrico coinvolgendo dunque anche gli autobus tradizionali.  Un percorso, quello intrapreso dalla capitale britannica e dal sindaco Sadiq Khan, che punta all’eliminazione dei motori tradizionali per puntare con decisione sull’energia green.
TPL Savona che potrebbe fare? Ebbene la tecnologia dell’autobus elettrico è ormai consolidata: a Londra sono già in funzione su un numero di bus, ed il parco è in via di ampliamento, di più, sostituzione totale dei bus a motore termico col motore elettrico. Savona potrebbe intraprendere la strada dell’elettrico per i nuovi bus, invece che continuare con i motori termici.
Vantaggi: silenziosità, inquinamento ridotto, manutenzione quasi nulla, il motore elettrico è quasi esente da manutenzione. A Savona si potrebbero sicuramente utilizzare bus elettrici almeno sulle linee “più urbane” con i vantaggi descritti.

Paolo Forzano, Comitato Casello Albamare, il Presidente

CARTA IDENTITA’ DELLA TPL LINEA

TPL Linea srl – CdA
Claudio Strinati – Presidente

Simona Sacone – Vice Presidente

Consiglieri:

Erika Salvadego
Fabrizio Biale
Ettore Giulio Molino

Collegio dei Sindaci
Riccardo Bolla- Presidente
Antonio D’Ambrosio
Maria Teresa Bergamaschi
Elena Ravera – supplente
Mauro Barbero – supplente

Territorio servito Kmq 1545
Comuni serviti 69
Popolazione residente 286.646 (dati ISTAT 2009)
Addetti 419
Veicoli in dotazione 250
Passeggeri trasportati/anno c.ca 9,5 milioni
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Clamoroso scoop. Felice Maniero super boss pentito della mafia del Brenta rivela, in Tv, a Saviano: ‘Nel porto di Savona, via bananiere, tonnellate di narcotraffico’. Chi lo proteggeva

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Non poteva passare inosservata, pur nella valanga di ammissioni e rivelazioni  clamorose, la frase a domanda risponde: “…Al porto di Savona abbiamo fatto arrivare tonnellate di droga…era un attracco sicuro…utilizzando le bananiere…cocaina  nascosta anche sott’acqua….”. Almeno dal filmato trasmesso su Nove TV (vedi…..), inchieste giornalistiche di approfondimento (Kings of Crime), l’intervistatore- scrittore Roberto Saviano pare non approfondisca per sapere qualcosa di più. Ma forse potrebbe non essere così.

E’ difficile e inverosimile credere che il ‘pentito di mafia’ per due decenni (tra gli anni ’80 e 90) incontrastato ‘re della mala’ in Veneto, autore di rapine clamorose, evasioni, condannato per 7 omicidi, non abbia confessato qualcosa di più sul porto franco’ di Savona – Vado Ligure. Perchè era stato scelto e con quale sicurezza affidavano i loro traffici nello scalo dove pure non sono mancati sequestri di droga anche ingenti. Maniero si è dilungato sul sistema corruzione messo in campo nel carcere e fuori dal carcere. Non ha neppure rivelato, sempre  seguendo la trasmissione, con quali mezzi le partite di droga raggiungevano, via strada, le destinazioni principali del Nord, del Sud e in mezza Europa.

A seguire il suo discorso nel business miliardario, quello che è la prima fonte di arricchimento delle organizzazioni mafiose italiane, non sono mancate le infiltrazioni in gangli dello Stato. Non solo per fuggire dal carcere (in un caso pagando 500 milioni di lire ad un capo guardie), ma anche corrompere investigatori infedeli (almeno due che percepivano 5 milioni al mese per passare notizie sulle indagini di polizia giudiziaria) della squadra mobile veneta e dei Ros di Padova, mentre a un giudice dice di aver versato una mazzetta da 20 milioni di lire. E ancora, la banda non aveva bisogno di rivolgersi al mondo politico di cui non si fidava e non era il caso, semmai era più utile affidarsi ai servizi segreti, ovviamente con ingenti somme. In un altro passo ha spiegato che ogni tanto bisognava fare qualche ‘favore’ agli inquirenti facendo sequestrare partite di droga o catturare qualche frillo.

Lascia increduli comunque, e pare corretto chiarire che nessun inquirente o magistrato savonese risulta chiamato in causa, ascoltare che l’unica base utilizzata, in tanti anni, è stata Savona. Non ha citato altri porti di ‘sbarco’, Genova ad esempio.  Un interrogativo su possibili complicità savonesi era già emerso durante una delle tante indagini, arresti pochi e sequestri (sull’archivio stampa ne troviamo 8, con un paio di falsi allarmi o soffiate andate a male). In almeno un paio di circostanze la magistratura aveva disposto perquisizioni in abitazioni ed uffici di insospettabili che avevano a che fare con Porto Vado, gravitavano nel commercio e trasporto di frutta esotica via mare. Aleggiava anche il sospetto, a quanto pare senza possibilità di riscontri, di qualche arricchimento facile, non parliamo di milioni, ma miliardi, vere e proprie fortune.

Chissà se Felice Maniero, dopo i benefici di legge e 17 anni di carcere effettivo, libero dal 2010, inizialmente sotto protezione, sa o ha riferito qualcosa di più ai magistrati inquirenti sulla ‘zona franca’ che la sua banda aveva a Savona. Quali erano i punti di riferimento, quantomeno se c’erano basisti, quali le falle dell’apparato delle forze di sicurezza che pure sapevano, erano sempre in allerta all’arrivo di bananiere a Porto Vado.  Certo, grazie alla sua collaborazione, seguita da altri della sua potentissima banda, sono stati assicurati alla giustizia italiana 500 persone  dedite a delinquere. Neppure una, per quanto si sa, in quel di Savona e provincia.

Faccia d’Angelo, viveur che girava l’Italia, l’Europa, il mondo, frequentava casinò ed hotel di lusso,  che non sapeva come spendere denaro provento di mega rapine e droga. Lui fu beffato, scovato due o tre volte, durante la latitanza dorata. Oggi vive in una località che definisce sicura, sapendo di essere un potenziale obiettivo di vendette. “Non mi farò sorprendere, non ho bisogno di protezione, faccio da solo. Sono diventato piccolo imprenditore, leggo molto e la mia passione resta quella dei quadri….. e nella vita non avrei saputo fare altro ‘mestiere’ se non il ‘capo’….”. Non risponde, non convince quando gli si chiede dell’ipotesi avanzata da un magistrato inquirente: su un bottino stimato di 100 miliardi di lire, sequestrati meno di una decina. I soldi li depositava o li faceva depositare su conti Svizzeri, soprattutto e in Austria.

A Saviano ha pure spiegato cosa sarebbe utile fare per neutralizzare il commercio di droga in Italia. Liberalizzarla. Le organizzazioni mafiose hanno il sacro terrore che i governi, i legislatori possano adottare questa misura e fanno di tutto affinchè non avvenga. E’ un reddito illegale garantito e sicuro. Senza grandi rischi. Un altro cancro del sistema Italia che Maniero ritiene inespugnabile, è la lotta seria, efficace,  vera, alla corruzione e all’evasione fiscale. Parla di 250 miliardi di Euro annui, cita il libro di uno studioso  (Luca Pizzi) secondo il quale arriveremmo a superare il Pil della Germania. Con 585 miliardi di € in più, in Europa, saremmo la nazione più ricca del continente europeo. E aggiunge: “Potremmo investire davvero nella Sanità pubblica, nella scuola e nell’ambiente creando posti di lavoro. Invece su corruzione ed evasione fiscale non si è mai fatto nulla di serio, hanno vinto e sconfitto la piaga del terrorismo perchè c’era l’impegno massiccio e determinato dello Stato, quel che manca invece per corruzione ed evasione. C’è gente che ruba cifre colossali seduti sulle loro poltrone….e c’è chi muore, 90 mila all’anno, da inquinamento atmosferico…”.

Quali altre leggi mettere in campo per neutralizzare o comunque ridurre al minimo corruzione ed evasione ? Maniero: ” Applicare ai corrotti e corruttori, agli evasori, le leggi antimafia, escluderli da qualsiasi beneficio carcerario, varare una legge premiale per chi collabora. Se c’è la volontà si può fare subito….ma campa cavallo, altro che lotta ai migranti….ai poveri disperati”.

Ecco qualche passaggio dell’intervista di Saviano a proposito della droga,  non viene riportato il passo su Savona unisco scalo italiano, a quanto pare, utilizzato dalla banda Maniero.

Quanto si ricavava dal traffico di droga? 
“Molto. Guardi, il traffico di droga oggi è l’unica fonte di reddito – a parte il racket, che io non credo sia molto importante – delle mafie”.

A Maniero la coca arriva direttamente dalla Colombia; da lui si riforniscono per il mercato settentrionale anche camorra e ‘ndrangheta. Le stesse mafie che vendevano droga in tutta Italia, sul Veneto devono fare un passo indietro, perché lì c’è Maniero. Non appena aveva visto la droga, infatti, il boss del Brenta aveva intuito non solo il grande business che avrebbe potuto ricavarci, ma anche la necessità di occupare quel mercato. Maniero si appella alla solita logica: anche se non vorresti fare soldi con la droga, se non la gestisci tu, chi la gestirà ti eliminerà.

 Quando iniziate a fare traffico di droga?
“Negli anni ’80 quando sono arrivati siciliani, camorristi e ‘ndranghetisti a venderla”.

Quindi arrivano le mafie storiche a commercializzarla, e lì capite che…
“Che non era possibile non farlo noi altrimenti avrebbero preso il mercato, e li avremmo avuti in casa!”

È vero che inizialmente lei era contrario al traffico di droga?
“Sì”.

Ho incontrato Maniero, ora collaboratore di giustizia. Studiando e incontrando boss, killer e gregari di mafia, capisci che si possono dividere in due categorie: quelli che scelgono il crimine contro il mondo e quelli che scelgono il crimine per scalare il mondo. Non si sfugge a questa divisione. Ci sono boss per cui la vita è una guerra in cui ognuno si prende ciò che vuole in base al proprio coraggio, alla propria spietatezza: questi vedono lo Stato come un’altra organizzazione di banditi governata da persone tutto sommato interscambiabili, che si alternano al potere.

Il loro guadagno sarà tanto più alto quanto più riusciranno a contrapporsi alle istituzioni, a sfidarle, a batterle. E ci sono boss che, invece, vogliono infiltrare lo Stato e utilizzare il crimine per avere un ruolo istituzionale: non guadagnano dalla alterità rispetto alle istituzioni, ma dall’identificazione con esse, mirano a diventare loro stessi le istituzioni.

Il boss Felice Maniero apparteneva alla prima categoria, a quei boss di mafia che valutano l’essere giusto non in relazione al rispetto delle leggi, ma in relazione alla capacità di stare al mondo.

Il giusto non è giusto perché indossa una divisa, ma perché risponde a valori che il mafioso stesso valuta come fondamentali, come l’essere feroce, magnanimo col debole, efficiente o sprezzante del pericolo.  La filosofia morale criminale parte da un pilastro chiaro: potere, danaro, donne sono gli obiettivi di tutti: c’è chi è nato con maggiore possibilità di averli e chi deve invece trovare una strada per raggiungerli. Maniero ha una visione del mondo chiara, descrive se stesso come qualcuno che non voleva passare la vita in fabbrica, guadagnare due soldi, rimanere confinato alla provincia.

Roberto Saviano

Ecco Banca Carisa del presidente Bartolini: 60 mila correntisti, 49 sportelli (44 nel savonese, 1 a Imperia, 4 nel cuneese). Poi il ‘castello crollò’ grazie a Carige, la ‘rapinata’

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La Banca Carisa (accorpata a Carige nel novembre 1975),  nel 2018, avrebbe compiuto 178 anni. A quando un volontario scrittore che approfondirà la storia (già Cassa di Risparmio di Savona) dall’A alla Z. Diciamo subito quanto a buone notizie che i 60 mila clienti non hanno patito l’Odissea delle Banche popolari venete, oppure del Banco di Siena solo per restare nel Nord Italia, con migliaia di risparmiatori vittime e truffati. E forse non sono molti i savonesi che hanno affidato o lasciato i loro investimenti azionari nella ‘rapinata’ e disastrata Carige. Eppure con l’assorbimento  Carige nel capitale Carisa c’è chi ‘brindava’ e annunciava grandi opportunità per la Fondazione Cassa di Risparmio di Savona: dedicare le proprie energie e risorse agli obiettivi di interesse socioculturale per cui è nata. Mentre la storica banca dei savonesi subiva contraccolpi e giorni burrascosi per il flop di alcuni clienti Top, emergevano discussi personaggi nel Cda. Merita comunque un posto d’onore, senza infamia e disonore, Franco Bartolini, tre volte presidente. Uno che non si è arricchito, né ha fatto affari all’ombra dei banchieri. E non eravamo certo sulla stessa lunghezza d’onda, ci separava un abisso quanto a visione della realtà bancaria cittadina.

Era ottobre del 2007 quando le locandine davanti alle edicole della provincia di Savona, annunciavano l’intervista a Franco Bartolini di Sergio del Santo dalle colonne del Secolo XIX: “ Banca d’Italia ? Una sede prestigiosa per la Carisa, siamo interessati, sapendo che il Comune ha un diritto di prelazione, per noi sarebbe il migliore biglietto da visita, anche se in questo momento siamo di fronte al un rinvio a giudizio  che coinvolge quasi l’intero consiglio di amministrazione  della Fondazione Carisa di allora, di cui ero presidente e per me è una grandissima amarezza, ma ho fiducia nei giudici”. Aveva ragione. “Il tempo è galantuomo”.

Gianfranco Barcella, nato nel 1954, docente di materie letterarie, giornalista. È stato direttore editoriale di periodici. Ha pubblicato tra l’altro: monografia su Pietro Giuria, Sabatelli Editore; Invito alla lettura di Milena Milani, Ibiskos-Ulivieri. Per De Ferrari Editore ha realizzato ultimamente le seguenti pubblicazioni: Una sola verità, romanzo giallo; Le vie dei savonesi illustri; Le vie degli albisolesi illustri; Santa Maria Giuseppa Rossello Testimone di Misericordia. Nel 2012 pubblica il libro di versi In riva al mare, Genesi Editrice

E’ stato il Gianfranco Barcella a scrivere, con ogni probabilità, l’ultimo affresco di vita e di presidente Carisa del professor Franco Bartolini,  nato a Roma, 88 anni, laurea in filosofia, preside in pensione, e che abbiamo incontrato, l’ultima volta, a Vado Ligure, al funerale di Gianni Veirana. Era il 24 ottobre 2017. Il prof. Veirana, per un breve periodo, vice presidente di Carisa con Bartolini, il savonese tre volte presidente di quella che è stata per anni il primo ‘forziere’ della città ed ex presidente  di Fondazione Carisa. Un tesoro tutto savonese che aveva resistito alle guerre, al regime e da ultimo all’assalto dei concorrenti, fino a capitolare definitivamente alle brame espansionistiche dei genovesi di Carige, al termine di una battaglia senza esclusione di colpi con Banca Toscana, l’altra pretendente e con importanti sponsor nel mondo massonico nazionale, ma anche tra i tanti savonesi – noi umili cronisti di provincia compresi – che per una serie di ragioni obiettive, a cominciare dalla garanzia dell’indipendenza e senza clausole (quelle di Carige), si erano uniti allo schieramento pro ‘toscani’. E forse tra coloro che conservano ancora pagine mai scritte dalla cronaca locale c’è proprio il decano ‘presidente emerito’ per antonomasia.  Una memoria storica che meriterebbe la presidenza onoraria comunque non prevista.

Per Carisa story, da tramandare ai posteri, potrebbero emergere  i segreti di Bartolini, presumibilmente custoditi e mai affidati alle stampe. Storie di protagonisti che in modo diretto ed indiretto hanno avuto un ruolo nelle ultime vicende, quelle più tormentate e con aspetti mai chiariti almeno ai profani e a chi ha seguito, scriveva la cronaca bianca, ma anche giudiziaria, alla luce dei tanti risvolti, tra ispezioni di Banca d’Italia (mai rese note e rimaste negli archivi di via Nazionale a Roma), indagini e inchieste giudiziarie, sia sugli sviluppi di Banca Toscana- Carige, sia sugli affidamenti, sulle linee di credito. Istruttorie o processi, va detto, che non hanno mai portato, a livello savonese, a pronunce di condanne definitive, un paio finite con verdetto assolutorio della Cassazione. E controversie civili di cui si è perso l’epilogo.

Carisa dove non sono mancati personaggi ed influenze massoniche (non è il caso di Bartolini) o dell’Opus Dei più vicina a lobby genovesi. In qualche caso riguardavano presidenti, vice, direttori generali e funzionari di primo piano, fino a direttori di agenzie. Per il prof. Bartolini che lo scorso anno abbiamo trovato lucido, cordiale, partecipativo, ottimo humour, terza età con  il rammarico di dover rinunciare ad uno dei suoi hobby prediletti, la vigna di famiglia, produttore di buon vino quilianese, a cominciare da un eccellente Vermentino. Lui che aveva ricoperto il ruolo di Consigliere  dell’Istituto Federale di Credito Agrario per il Piemonte e la Liguria e la Valle d’Aosta, oltre che del Cento Fiduciario C.F. Spa e Revisore dei Conti dell’I.L.R.E.S. Che sedeva all’ambito tavolo del Cda di Carisa, con personaggi come il rag. Giovanni BerneschiErasmo Del Grande  all’epoca titolare del più affermato studio  commercialista savonese ed esperto  di consulenza tributaria e societaria, oltre a sedere  nei Consigli di amministrazione  di diverse società in ruoli primari del nostro territorio; con Raffaello Orsero, compianto, armatore  e presidente  di consigli  di amministrazione  di società a livello nazionale del settore della frutta ed armatore, all’epoca  ritenuto il correntista più ‘liquido’ ed importante della provincia. E nei faldoni di inchieste giudiziarie, intercettazioni telefoniche testimoniano anche chi, tra i capi, ed i giornalisti del periodo, era considerato affidabile, oppure uno da stare in guardia e che aveva già messo alle corde un big del potere politico savonese e ligure. ‘Perseguitava’ senza motivo dei ‘poveri’ massoni. E, per fortuna, era stato emarginato anche da molti colleghi. Sorvoliamo sui nomi. Non fa testo.

Bartolini stringe la mano al dr. Torcello tra i primi a denunciare l’inquinamento e le malattie respiratorie per i fumi della centrale di Vado, accanto l’ing. Lagasio di Savona, tra gli esponenti della Dc ai tempi del partito rilegato in minoranza nell’intero comprensorio di Savona

Bartolini forse non immaginava che “la sua coerenza cristallina, le nozze con Carige – come ha scritto Gianfranco Barcella –  socio forte  ed affidabile con il quale condividere  una strategia di sviluppo e sanare le proprie sofferenze creditizie “ sfociasse il un matrimonio disastroso ed indissolubile e che non prevedeva divorzi, risarcimenti. Nomine, cariche, personaggi, dichiarazioni stampa che vogliamo offrire a puntate ai lettori di trucioli.it, blog al settimo anno di vita, né onlus, né promotore di pubblicità a pagamento che rimane una peculiare voce di introiti per chi fa informazione più o meno libera. Nella veste di umili cronisti da memoria storica che hanno conservato un archivio dal 1967 ai nostri giorni. In qualche caso corredato da note ricevute assai confidenziali, a titolo personale si direbbe. Un interrogativo: è giusto oggi divulgarle, non costituendo peraltro aspetti penalmente rilevanti o comunque ormai  ‘sepolti ‘ dal tempo e dalla prescrizione ? Un giornalista, come altre professioni, ha il ‘segreto’ riconosciuto dall’ordinamento giuridico e dall’ordinamento professionale.  Giornalisti ed editori, in base all’articolo 2 (comma 3) della legge professionale n. 69/1963, “sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse”. Tale norma consente al giornalista di ricevere notizie, mentre le fonti sono “garantite”. La violazione della regola deontologica del segreto sulla fonte fiduciaria comporta responsabilità disciplinare (articolo 48 della legge n. 69/1963). Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata soltanto attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni. Il segreto professionale può, quindi, essere rimosso con “comando” del giudice  seppure a determinate condizioni.  Non abbiamo l’obiettivo del detective, della polizia giudiziaria, non sono in gioco ‘investigazioni’. Semmai può essere utile ripercorrere alcuni  momenti che ci hanno visti impegnati come giornalisti, a volte in prima linea, nell’ambito comunque di un lavoro di gruppo e di sintesi che avviene in redazione ancorché di provincia.

Franco Bartolini, nel 2017, a 87 anni, ai funerali dell’amico Gianni Veirana, a Vado Ligure. Nell’immagine con Piero Santi, attivissimo esponente politico savonese. ” I democristiani di un tempo avevano almeno dei principi, degli ideali – ha risposto Bartolini ad una domanda del cronista -, oggi siamo alla deriva del potere e dell’etica cristiana, hanno rinchiuso in soffitta i padri fondatori del partito e della democrazia partecipata”

“Buon compleanno Carisa “ titolava Il Secolo XIX  il 16 novembre 2007. Martedì la banca cittadina compie 167 anni, oggi 178. Mentre il Monte dei Pegni è del 1479.  Fondato da papa Sisto IV. E quando aprì i battenti, Cristoforo Colombo aveva 29 anni ed avrebbe scoperto l’America solamente 13 anni dopo.

Cassa di Risparmio di Savona che nel suo primo anno di vita (1842), poteva esibire in città  solo 173 titolari di libretti, ma almeno la metà  non potevano essere definiti poveri: figli di famiglia benestante erano 48, proprietari di beni immobili, 15; istituti religiosi, 13; impiegati e funzionari, 6; avvocati, causidici e notai, 3; medici, chirurghi e farmacisti, 4;  tipografi, 3.

Nel 2006 gli utili di Carisa  furono di 16, 6 milioni di €, la raccolta globale 2,7 miliardi di €, gli impieghi economici 1 miliardo di  € , mentre le sofferenze erano ancora contenute rispetto alle cifre che risulteranno nel momento dell’accorpamento con Carige. Si attestavano all’1,7% del totale degli impieghi, ben sotto al ‘livello di guardia‘.  E chi criticava la banca di essere parsimoniosa verso l’economia della provincia, Bartolini rispondeva: “Dovrebbe dare un’occhiata ai numeri degli impieghi e fare qualche confronto con altre realtà bancari provinciali, certo eroghiamo presti sempre con giudizio, come farebbe un buon padre di famiglia“. Già ma a quanti e a chi la Carisa ha detto ‘si’ per poi pentirsene ? E ha detto ‘no’ magari perchè mancava loro qualche giusta ‘spintarella’ ? Perchè gli ‘ingranaggi’ non diciamo ‘oleati’, non ricevevano l’input adeguato ? Qui però entriamo nel risvolti più segreti e mai diffusi di quella che appariva una granitica e storica Carisa che avrebbe resistito ad ogni pretendente. E non avrebbe e lasciato orfano il territorio, né tradito i fondatori.

Alcuni numeri fa, trucioli.it ha pubblicato i dati degli istituti di credito, soprattutto cooperativi, operanti in provincia di Cuneo e che hanno esteso i loro interessi in provincia di Savona

La stretta di Mano con Carlo Cerva che della Dc è stato vice segretario regionale, nella segreteria provinciale e consigliere comunale, oltre che ex attivissimo presidente de A Campanassa

e di Imperia. Cosa significa per l’imprenditoria, il turismo, artigianato, commercio, professioni, per gli investimenti, sviluppo, posti di lavoro, essere rimasti senza una banca del territorio ? Per ora pare che l’argomento non interessi più di tanto alla società civile. E chi potrebbe rispondere preferisce tacere.  Tanto non servirebbe più a nulla. Insomma, pare di capire, a chi giova il silenzio ?  (l.cor.)

QUELLA MAPPA DEI RICCHI, PER IL FISCO, IN PROVINCIA DI SAVONA: DUE NOMI RESISTEVANO TRA I ’15 TOP’ DELLA CLASSIFICA, LICIO CLAUDIO LOMBARDINI E IL MEDICO INGAUNO LIBERO NANTE. MENTRE EMERGEVA IL ‘MAGO DELLA FINANZA’ GIAN MARIO ROVERARO, POI RAPITO E TRUCIDATO. E ANCORA IL COSTRUTTORE ALASSINO, TITOLARE DI UN’INDUSTRIA AD ALBENGA,  MAURO SANSONE.

 

La mappa dei ricchi per il fisco pubblicata dal Secolo XIX – Economia il 19 ottobre 1989. Il titolo era: Ma la mappa della ricchezza, a in provincia di Savona, è cambiata. Due soli nomi resistono da 10 anni nel ‘top 15’ .

CON QUESTI DUE ARTICOLI DELL’ARCHIVIO DI UN VECCHIO CRONISTA DI PROVINCIA

TRUCIOLI.IT INIZIA UN RACCONTO NELLA GLOIOSA E TRAVAGLIATA STORIA DI BANCA CARISA

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La resurrezione di un giornalista di provinciaGiò, 30 anni di notizie su 20 mass mediamastino di cronaca brilla ora a La Stampa

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L’abbiamo scoperto quando un paio di nostri ‘contatti’  hanno rivelato: mi ha inviato ‘messaggini’ già prima delle 7. E non è un cronista che dovrebbe alzarsi di buon mattino per lavoro. Gli amici confermano. Alle 6,30 mette la sveglia, lui dice dai tempi della collaborazione al Corriere Mercantile di Genova quando in edizione pomeridiana ‘copriva’ da Ventimiglia a Marinella di Sarzana. E’ abitudinario l’alassino, ora imperiese, Giò Barbera, 52 anni, sembianze giovanili,  che proprio in questi giorni dovrebbe festeggiare i 30 anni di cronaca nel ponente ligure. Con tanti risvolti che forse sfuggono ai più. Non perchè nel giorno della nascita il calendario gregoriano ricorda l’Annunciazione del Signore e 30 tra santi e sante (18), beati e beate (12).

Il ‘compleanno’ di Giò barbera, 52 anni, giornalista da 30 anni, dal novembre 1988

Il suo primo pezzo, da album dei ricordi, l’aveva scritto sul ‘Mercantile’ (con l’edizione La Gazzetta del Lunedì) nel novembre del 1988. Fondato nel 1824, fu una delle più longeve testate italiane essendo rimasto in attività fino al luglio del 2015. Nel giornale che fu degli armatori genovesi Fassio fino al 1977, prese il posto di Gianluca Savoini quando capo servizio era Bruno De Ceresa – poi emigrato al Secolo XIX -,  tra i colleghi Sandra Monetti e Paolo De Todero.

La domenica Barbera partiva dalla natia Alassio e in treno raggiungeva la redazione di Genova per fare esperienza, imparare il mestiere. Oggi è l’esempio vivente della ‘resurrezione di un giornalista’, della forza d’animo, della forza di volontà e della  rivincita contro i mesi, gli anni tenebrosi. Non è la resurrezione di Lazzaro, miracolo di Gesù raccontato dal Vangelo secondo Giovanni, dove Gesù Cristo Dio nel proprio nome riporta alla vita terrena Lazzaro di Betania, dopo quattro giorni dalla sua morte.

Giò se n’era andato, quasi sbattendo la porta, firmando le dimissioni, dal Secolo XIX, dopo che il direttore l’aveva ‘promosso’, si fa per dire, con il trasferimento da Imperia, dove abita con la famiglia, alla redazione centrale di Genova. Una decisione che per una serie di concatenazione non era stato difficile interpretare alla stregua di “se te ne vai ci fai un piacere”. Non perchè Giò demeritasse, fosse uno ‘scansafatiche’, un talebano del sindacato, tutt’altro: abituato a fare il mastino in cronaca, nera, giudiziaria, bianca, rosa. Semmai si trattava di ‘favorire’ un collega di Imperia entrato nelle grazie della direzione e che chiedeva di essere trasferito da Savona alla città di residenza. Tra i due colleghi, insomma, a rimetterci era Barbera e senza una plausibile motivazione.

Capita a tutti di essere coinvolti in una decisione d’impeto, un colpo di testa. Barbera pare avesse riflettuto e tra famiglia e lavoro, scelse la prima, immaginando che con la sua esperienza lavorativa, la conoscenza del territorio, un posto l’avrebbe comunque trovato. Le conoscenze ed il bagaglio non gli mancavano. Come la caratura etica e morale che l’ha sempre distinto.

Nel 1989 era stato collaboratore al Secolo XIX nell’ufficio di corrispondenza di Albenga che copriva il ponente da Finale ad Andora, oltre l’entroterra.  Sul finire degli anni ’90 inizia una nuova esperienza da redattore nel mondo delle emittenti televisive locali e radio: Telecupole, Telenord Canale 7, Radio Onda Ligure, Tele Arcobaleno, Radio Babboleo, Radio Latte Miele. Nuovo ritorno nella carta stampata a Il Giornale, edizione ligure, collabora pure con le riviste Vela & Motore, Vita & Mare e per il quotidiano sportivo Tuttosport. Negli stessi anni e fino al 2003 corrispondente per il ponente dell’edizione ligure di la Repubblica, sembrerà anacronistico, ma seppure con pseudonimo firma corrispondenze anche per Il Giornale. Altra curiosità, tra il ’92 e il 2003, è redattore dei notiziari redattore dei notiziari di Radio Savona Sound, allora la più affermata e seguita nel capoluogo e nel comprensorio. Come non bastasse dal 2004 fa il suo ingresso ed esperienza da direttore del quotidiano on line Savonanews.it. che allora non aveva rivali e comunque il più affermato e seguito social della provincia, primato che verrà via via sottratto dalla forze di Ivg.it (Il Vostro Giornale), edito dalle Edinet Srl di Matteo Rainisio.

Dopo il divorzio dal Secolo XIX, Barbera assume l’incarico di ufficio stampa (consulenza esterna) per il Comune di Alassio. Siamo nel 2013. C’è l’intervallo e una delusione cocente che lo vede chiamato a dirigere RSVN, inizialmente fondato da un operatore turistico varazzino che si era trasferito nella Baia del Sole. Lui non ne ha mai parlato, ma era emerso che l’Istituto di previdenza dei Giornalisti di fronte alle inadempienze del ‘datore di lavoro’, ed ad una società editrice di provincia senza beni al sole, avesse finito per chiedere alcune rate a chi già non percepiva una lira. Un periodo buio per un collega che aveva pure una famiglia (moglie e figlia) sulle spalle, dove al di là delle pacche sulle spalle e di promesse alla ‘vedremo’, in tasca non rimane nulla.

E’ il 2015 quando la sua firma di Barbera compare, come collaboratore, su Ivg.it e fa ingresso in punta di piedi da redattore per Riviera24.it, tutta imperiese. C’è da aggiungere, a completezza, che tra il 2000 ed il 2016 collaborava anche con l’agenzia di stampa nazionale Ansa, di proprietà della Federazione Italiana degli editori e che raggruppa tutte le testate giornalistiche dei quotidiani nazionali, regionali e provinciali, oltre a settimanali. Dal 2017 l’ingresso a La Stampa con la collaborazione dal ponente savonese.  Una scelta felice, azzeccata, si direbbe sia per l’editore, sia per il giornalista. Con una rivincita umana e professionale che lo vede spesso dare notizie in esclusiva, tornare a quella sana competizione redazionale che per anni ha animato e caratterizzato il lavoro dei due quotidiani concorrenti (oggi uniti da un unico editore, spesso in fotocopia). Arrivare per primi sulla notizia,’ strapparsi’ le foto, la conta dei ‘buchi’ (le notizie di cronaca fresca perse), dare un prodotto – giornale con pagine provinciali ricche, con approfondimenti, la corsa alla credibilità e alla qualità. E in edicola si vedevano i risultati, di ‘ispettori delle vendite’, marcavano a vista l’andamento di copie guadagnate o perse.

A leggere ogni giorno la cronaca de La Stampa ponentina pare essere tornati ai tempi della ‘gara’, forse lavorando anche con più soddisfazione rispetto alla routine dei nostri giorni. Avremmo potuto chiedere un commento, una testimonianza a caldo dei suoi 30 anni nel ‘mestiere più bello al mondo’ e che continua ad affascinare tanti giovani. Ma al compleanno la sorpresa è sempre ben accetta. E da colleghi, un gesto di stima, può trasformarsi in un articolo che non ti aspetti. Certo può essere incompleto, speriamo di non aver commesso troppi errori di date e riferimenti. Non usuale ricordare il percorso professionale di un giornalista di provincia. Con Giò Barbera non è solo un ‘dato’ di cronaca. E’ con la fiducia e la forza d’animo che si possono superare anche le ‘montagne russe’ e le fasi di luna calante del cammino professionale. (l.c.

Dal 2017 collabora con il quotidiano La Stampa

Giornalista iscritto all’elenco dei “Professionisti” dal 2003. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Liguria dal 1991 come pubblicista fino al 2003 quando ha superato l’esame a Roma per passare ai professionisti.

Ultima ora: al Decimonono nuovo direttoreRighi lascia, da Torino arriva UbaldeschiLa Stampa e Il Secolo XIX Imperia-Sanremol’innovazione e qualità, il ruolo dei precari

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Il Secolo XIX  “una voce forte sul territorio al servizio della comunità dei suoi lettori, nel segno della qualità”. Editoriale del direttore Massimo Righi del 28 giugno 2018 in occasione della nuova grafica. Carlo De Benedetti, editore di Gedi News Network Spa che oltre allo storico quotidiano genovese, raggruppa La Stampa, la Repubblica, 13 testate locali, l’Espresso, nel giugno 2017, scriveva: “La democrazia ha bisogno di giornalismo di qualità, libera da condizionamenti e, nonostante i social, la carta stampa è destinata ad un generale rilancio”. John Elkann, enfante prodige degli eredi Agnelli, già presidente di Itedi, con il polo Secolo XIX, Stampa e Repubblica, parlava di “un atto di fiducia nel Paese, una grande sfida ed opportunità del futuro, di caratura europea, grazie all’abilità dei giornalisti, utilizzando vecchie e nuove tecnologie.” Ultima ora: Luca Ubaldeschi, vice direttore vicario de La Stampa, nato a Novi Ligure, autore di un libro su Fausto Coppi, è commendatore ed è prossima la nomina a direttore responsabile del Secolo XIX al posto di Massimo Righi che lascia l’incarico, dal 5 dicembre, per ‘motivi personali’.  Una fusione, un gruppo di informazione multimediale, sede della società a Torino, nata all’insegna dei migliori auspici, leader dell’editoria in Italia. Quali ricadute nelle redazioni provinciali di cui poco si scrive e nulla si sa all’esterno ?

Le premesse che si leggono nelle dichiarazioni pubbliche dei maggiori protagonisti della concentrazione Gedi, indicano la “necessità di disporre di mezzi adeguati per continuare a fare il migliore giornale possibile”.  In un precedente servizio abbiamo cercato di raccontare, di descrivere la fotografia redazionale de La Stampa ed Il Secolo XIX a Savona e provincia. Tra i dati inconfutabili emerge il crollo di copie in Liguria del quotidiano genovese, meno pesante quello del ‘fratello’ torinese. E quasi in simbiosi, forse più prima che dopo, un taglio drastico, vera e propria mannaia sugli organici redazionali, favorito da ripetuti (e conseguenti esoneri) ‘stato di crisi’, avallati dai governi. Il sindacato unitario di categoria appare impotente, debole, di fronte allo scenario complessivo dell’editoria italiana quasi in caduta libera.

Savona e la sua provincia, scelta dall’allora editore del Secolo XIX (Perrone – Brivio – Grazioli, tre cugini che poi si divideranno, i primi due anche in malo modo) e dal direttore Piero Ottone, quale piattaforma di rilancio,  aperture di redazioni distaccate, uffici di corrispondenza (Albenga). La redazione di Savona che nel corso dei primi due decenni, aveva conquistato il primato da pilota, in tandem con la redazione di Chiavari, seguite da Imperia, Sanremo, La Spezia. Da ultimo, in ordine di tempo, Basso Piemonte. Anni d’oro, di massima diffusione e penetrazione nel territorio, vendite in edicola (180 copie domenicali, 140 media giornaliera), ottimo fatturato pubblicitario, staff di redattori al massimo. Con il ‘colosso’ La Stampa costretta, a sua volta, a dare battaglia, ad adeguarsi con redazioni di provincia. Una sfida durata nel tempo, tra un editore – industriale, e una famiglia senza interessi nell’economia italiana, tanto che nessuno avrebbe scommesso su come sarebbe andata a finire con le nuove generazioni Agnelli e Perrone.

E ora gli interrogativi, anche alla luce delle strategie e delle forze in campo, dei probabili obiettivi. Quali dei due quotidiani diffusi in Liguria sarà destinato ad un ulteriore ridimensionamento, “razionalizzazione di costi’. Se a Savona la ‘partita’ sembra  aperta, nonostante di fatto ci sia una supremazia di forze sia negli organici, sia nelle vendite in edicola de La Stampa; nell’imperiese  l’ex quotidiano Fiat per antonomasia ha sempre avuto il primato in edicola, sopratutto a Sanremo. Anche se c’è stato un periodo, con il caposervizio Franco Bianchi a Imperia, che il Secolo XIX tallonava e qualche volta superava, almeno nella città capoluogo.

Oggi la scommessa ‘vincente’ appare la fusione tra le due testate, un unico caposervizio, un vice, redattori in esaurimento, con sostituzioni  e collaborazioni al risparmio, aspettative da precari. Se ora le due redazioni imperiesi (in passato con rispettive redazioni a Imperia capoluogo) devono ‘produrre’ facendo i salti mortali, utilizzando collaboratori e part time alla stregua di redattori, si andrebbe verso una concentrazione della componente giornalistica, riconoscendo la supremazia a La Stampa. Si rafforza, pianificandolo, quello che già in parte accade. Articoli utilizzati dai due giornali con copia e incolla. Precarietà a macchia d’olio ? e di cui è abituale leggere su alcuni social della categoria l’abuso dalla Sicilia al Trentino Alto Adige.

In questi giorni si fa un gran parlare della minaccia alla libertà di stampa per gli attacchi di esponenti di primo piano del M5S. Eppure è difficile credere che la maggiore insidia al libero giornalismo, al di là dei toni, a volte buffi e comici, provenga da quel movimento al governo del Paese. C’è chi sostiene, come accadeva in passato (la Rai deteneva la bandiera, seguita dalla Fininvest berlusconiana), si continui ad  essere messi all’angolo “facendo il proprio dovere“. Sul piccolo schermo, giornalisti di ‘grido’, affermati,  sostengono “tanti e troppi giornalisti girano la testa dall’altra parte, non hanno la schiena dritta”. C’è chi si spinge (M5S in particolare) a denunciare “l’esistenza di un manuale di cattiva informazione da parte del gruppo la Repubblica, Stampa, l’Espresso”. Oppure chi allarga le braccia: “….in questo paese ognuno si fa i c…. suoi “.

Dividere buoni e cattivi, con tanto di nomi e cognomi. Alessandro Di Battista, grillino e sull’aventino del Sud America, li ha persino elencati: Marco Travaglio, “uno che il Movimento l’ha bastonato ripetutamente“; Massimo Fini, “un uomo che per non essersi piegato al pensiero dominante non ha fatto la carriera che meritava“; Pietrangelo Buttafuoco, “uno degli ultimi intellettuali rimasti”; Fulvio Grimaldi e Alberto Negri, “due non certo teneri con la politica estera dell’attuale governo“; Franco Bechis, “uno dei giornalisti più innamorati dello studio degli atti che abbia mai conosciuto“; Luisella CostamagnaMilena Gabanelli e “decine di giornalisti e giornaliste che hanno capito chi davvero sta colpendo la libertà di stampa”.

La vita delle redazioni distaccate e del giornalismo di provincia é rarissimo finisca nello storie quotidiane dei media. Al massimo può risentire dell’influenza di potentati locali, sensibile a non prendere troppo a calci la fonte del mercato pubblicitario, se il caso dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte, qualche ‘amorosa’ di troppo tra capi e gregarie in rosa. Il giornalismo imperiese, rispetto a Savona, a volte, si è  caratterizzato nell’accostamento a forze economiche e politiche locali. Risultato: raggiunta la pensione ecco le consulenze, l’ufficio stampa in associazioni di categoria, incarichi e ‘favori’ da parentopoli alla Camera di Commercio (ormai ex), enti pubblici, qualche gruppo industriale ed imprenditoriale presente in particolare nei giornali on line. Non manca chi, nonostante una più che dignitosa pensione, si rende ancora utile con le collaborazioni  giornalistiche e non certo per beneficenza.

Che pensare quando in una delle più rigorose trasmissioni d’inchiesta Rai  (Report, già trono dell’insuperabile e coraggiosa Milena Gabanelli ora a La 7 e Corriere della Sera) si ascoltano frasi tipo “ sono forse 25 i colleghi giornalisti italiani con promiscuità eccessiva”. Nel caso specifico si tratta di sconcertanti rivelazioni giudiziarie nell’ambito dell’inchiesta su Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, paladino dell’ultima stagione antimafia, ora agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine e presunta contiguità a boss o personaggi mafiosi. Da documenti  sequestrati in un archivio ‘segreto’ ed intercettazioni, emergerebbe l’esistenza di una centrale spionistica, con asserita complicità di vertici dei servizi segreti, magistrati, giudici, un ex vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, giornalisti con visibilità e ruoli importanti nei media nazionali. Si è fatto il nome di Roberto Galullo, nel 2010 autore del libro “Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate”; Vincenzo Morgante che a luglio ha  lasciato viale Mazzini (Tgr), ovvero  ‘direttore’ delle testate regionali Rai, diventato il nuovo numero uno di Tv2000. Morgante, nato a Palermo e giornalista professionista dal 1998, dal primo ottobre scorso conduce la ‘rete’ della Conferenza Episcopale Italiana.

La puntata televisiva svelava un’incredibile girotondo di burattini e burattinai, dove chi non si adeguava finiva nel mirino, perseguito da istituzioni statali e in qualche caso da campagne di stampa denigratorie, di delegittimazione. Insomma, si può credere  ancora alla libera informazione ? Agli ‘apostoli dell’antimafia‘ ? Al punto da creare una “Banca Nuova”, a Palermo, utilizzata da servizi segreti militari e dell’interno, ma anche per lavare ‘ soldi sporchi e mazzette‘, con clienti sia tra la magistratura, la politica, capi di forze dell’ordine.

Spaccati di stampa amica, di epurati, di chi come Marco Travaglio a La 7 non ha avuto dubbi: “Siamo una categoria screditata a causa di qualcuno…”. E il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti ad incalzare: “Colpa degli amorali e dei moralisti”.  La carta stampa langue, nonostante il giornalismo sia un potere che da patenti di legittimità. Con politici che cavalcano le banalità, via mass media, per stupire la massa. E pare ingiusto sostenere che “non abbiamo fatto fino in fondo il nostro mestiere altrimenti il giudizio  dei lettori non penalizzerebbe le vendite in edicola, la diffusione”.

La provincia di Imperia, il suo simbolo ‘Casinò‘ per anni al centro di vicende giudiziarie. Si era pure fatto qualche polemica (a firma di Vittorio Coletti su la Repubblica Liguria) a proposito di come veniva inizialmente  tratto dai giornali locali lo ‘scandalo porto turistico di Imperia’, sfociato in clamorosi arresti, ma conclusosi in una bolla di sapone, almeno per la verità giudiziaria. Qualche giornalista attratto dalla vocazione massonica, nella provincia che ha il più  alto indice di ‘fratelli muratori della Liguria. C’è chi prende di mira un magistrato finito in disgrazia, messo alla berlina ed inviso a gruppi trasversali, nonostante la fedina penale pulita.

Non è un’eccezione lo ‘sfruttamento’ di collaboratori pagati a notizia o di part time impegnati a tempo pieno; firmano pezzi su un’intera pagina e senza altra attività lavorativa. Situazioni contrattuali discutibili in diritto del lavoro, direbbe un uomo di legge. Dove il più debole spesso soccombe e dove la gavetta più o meno lunga vale quel detto: alzi la mano chi non l’ha fatta.

Un’altra particolarità del giornalismo di provincia è ignorare che anche i giornalisti sono personaggi pubblici. Lo sostiene un illustre giornalista e scrittore. Beppe Severgnini, e direttore di 7, settimanale del Corriere della Sera: “E’ giusto e corretto si parli anche di noi come della classe politica….”. Invece e abbiamo già avuto modo di accennarlo, le redazioni sono piccoli ‘bunker’, delle loro comunità difficilmente si legge, c’è almeno la firma negli articoli. Manca quella ‘buona abitudine’ di ricordarsi di un collega che raggiunge la pensione dopo una vita al giornale. La coesione umana sul lavoro non è sempre punto di forza. “Da noi si sono troppe vipere – lamentava mesi fa un colla imperiese non alle prime armi. Discorsi che valgono anche per i fotoreporter. Al punto che ‘bisogna morire’ per essere citati in cronaca. Nonostante anni di dedizione e vita lavorativa al giornale, senza badare orari, il telefono che squilla da mattino a sera, sottraendo tempo alla famiglia, ai propri cari, agli hobby. E più che il ‘vile denaro’ ha contato la sfrenata passione. (l.cor.)

LE REDAZIONI: REDATTORI, PAR – TIME, COLLABORATORI FISSI E CORRISPONDENTI

REDAZIONE LA STAMPA SANREMO: Fulvio Damele, Giulio Gavino, Lorenza Rapini, Daniela Borghi.

UFFICIO DI CORRISPONDENZA IMPERIA: Maurizio Vezzaro, Enrico Ferrari

REDAZIONE IL SECOLO SANREMO: Fabio Pin, Claudio Donzella, Paolo Isaia

UFFICIO DI CORRISPONDENZA: Giorgio Bracco, Milena Arnaldi,

Il piccolo esercito di collaboratori e corrispondenti, chi ormai di lungo corso e che i lettori conoscono ed apprezzano. Senza conoscere i risvolti contrattuali, tutti giornalisti.

Nel panorama ponentino emerge il capo redattore e professionista a Imperia Tv, Andrea Pomati, 48 anni il prossimo 30 novembre, giorno di Sant’Andrea Apostolo. Pomati la firma ed il volto più popolare tra i giornalisti imperiesi. Infaticabile, prudente, attento, ottimo conoscitore del territorio, del mondo politico, sindacale, imprenditoriale, dell’entroterra, mai punzecchiatone o ‘irriverente’. Un ruolo, si direbbe, che crea più elogi che critiche o avversari. Una virtù per chi tifa giornalismo con moderazione e distacco. Chi non è d’accordo etichetterebbe:  buono per tutte le stagioni. Pomati collabora pure, con articoli di bianca e di nera, sia a La Stampa, sia al Secolo XIX negli impegni già assidui che dedica alla ‘sua beniamina’, contraccambiato dalla stima e dall’affetto del telespettatori. Un ‘Bruno Vespa‘ di provincia, ma proiettato anche in Liguria.

C’è Diego David, giornalista di punta, tra i primi  cronisti a non temere  Claudio Scajola  quando era all’apice del potere. Ci fu uno scontro di cui alcuni media dettero conto. Aveva fatto solo il suo dovere ed oggi non è difficile leggere notizie e resoconti, interviste e qualche scoop proprio col personaggio Scajola senior.  Ci sono ottimi corrispondenti e collaboratori, alcuni firme ‘veterane’: Loredana Demer, Patrizia Mazzarello, Lorenza Rapini, Ino Gazo,  Maurizio Tagliano, Angelo Boselli, Andrea Fassione, Damiano Di Giuseppe, Marco Vallarino, Graziano Consiglieri, Giorgio Giordano, Mario Guglielmi, Marco Corradi. Fotoreporter  Gino Perotto.

Ps: come è accaduto per la provincia di Savona è possibile che abbiamo tralasciato, tra i collaboratori, uno o più nomi.  Oppure qualche altra imprecisione. Ce ne scusiamo e ben volentieri ospitiamo segnalazioni.

IL DIRETTORE MASSIMO RIGHI LASCIA ARRIVA UBALDESCHI DA LA STAMPA

Maurizio Molinari (s), direttore de ‘La Stampa’, e Luca Ubaldeschi, in occasione della tavola rotonda con gli ex direttori della Stampa, organizzata per il 150° anniversario del quotidiano torinese, presso il Lingotto, Torino, 9 febbraio 2017. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO
Maurizo Molinari, direttore del quotidiano piemontese e direttore editoriale di Gedi News Network, ha deciso di rinunciare al suo braccio destro sapendo l’importanza di avere di avere un ottimo giornalista e fidato collaboratore alla testata genovese. La Stampa e Il Secolo lavorano infatti in stretta sinergia dal 2013, epoca della fusione Itedi e Sep.

Massimo Righi, 51 anni, direttore de Il Secolo XIX dal giugno 2016

Ubaldeschi, braccio destro del direttore della Stampa Maurizo Molinari, in precedenza era stato responsabile dell’edizione milanese della Stampa e caporedattore centrale del giornale torinese. Il suo arrivo a Genova sarà molto importante per il quotidiano genovese. Ubaldeschi, nato a Novi Ligure, si era laureato in scienze politiche a Genova. Aveva curato anche i rapporti tra Stampa e Corriere Mercantile. Una curiosità: ha scritto un libro su Fausto Coppi ed è commendatore.

Era il 25 maggio 2016 quando Il Secolo XIX pubblicava: Genova – Nell’ambito della riorganizzazione in atto delle attività editoriali, Italiana Editrice (Itedi) ha deciso di rafforzare la produzione di contenuti in tutte le testate affidando a Alessandro Cassinis, attuale direttore de Il Secolo XIX, l’incarico di editorialista. Alla direzione de Il Secolo XIX subentrerà dal 1° giugno Massimo Righi, attuale vicedirettore. Cassinis, 56 anni, è a Il Secolo XIX dal 1988, dove ha lavorato per la redazione economia ed è stato poi promosso inviato speciale seguendo importanti eventi nazionali e internazionali. Nel 2003 viene nominato vicedirettore, nel 2014 vicedirettore vicario e a novembre 2014 direttore. Righi, 51 anni, è a Il Secolo XIX dal 1989: ha iniziato come corrispondente da Santa Margherita, ricoprendo poi il ruolo di responsabile della redazione di Chiavari, poi della cronaca di Genova, caporedattore centrale e da gennaio 2015 vicedirettore. Ringraziando Cassinis per gli ottimi risultati raggiunti, l’Editrice ha augurato a entrambi successo nei nuovi incarichi.

DUE VALOROSI COLLEGHI DELLA REDAZIONE CENTRALE

DEL SECOLO XIX CHE SE NE SONO ANDATI

 

 

 

De Vincenzi: ‘Santa Corona una vittima che muore di stenti’. Si litiga mentre i privati avanzano. Ignorato protocollo d’intesa tra Asl 2, Comune, Filse. Altro che ‘libro bianco’!

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Lo scorso numero trucioli titolava “Il S. Corona può fruttare 200 alloggi con la vendita degli immobili proposta dall’ex sindaco De Vincenzi” (vedi…..).  “Sono 22 anni che lavoro in ospedale, avevo iniziato con il dr. Ricciardi, stiamo andando ad un smantellamento a tasselli” confidava qualche giorno fa un dirigente medico. E alla domanda cosa fa il sindacato dei primari, dei medici ospedalieri, risponde: “Non c’è un protocollo alternativo. Una provincia che ha due grossi ospedali e a soccombere saremo noi, è evidente la strategia di portare avanti il discorso privatizzazione…”.

Perché non dirlo chiaro e tondo: il futuro è il San Paolo. Perché assistere ai teatrini, allo scontro continuo dei ‘signori’ più o meno politicanti, incapaci di proporre alternative serie e coese all’avanzata del business ospedaliero. Perché non dare voce ed ascolto a chi negli ospedali e nella sanità pubblica si confronta ogni giorno. Perché i sindacati sono deboli? Per i costi insostenibili in un Paese che primeggia nel mondo in corruzione ed evasione fiscale ? Non è saggio confrontarsi privilegiando l’obiettivo del dialogo e dei risultati, anziché preoccuparsi del tornaconto elettorale e rinfacciarsi sine die l’operato del passato?

LA LETTERA DI LUIGI DE VINCENZI:

GLI ORDINI DI SCUDERIA E 12 PRIMARI DA NOMINARE

L’ex sindaco di Pietra Ligure, De Vincenzi, ora consigliere regionale Pd, l’ex presidente Burlando, il vescovo  emerito Mario Olivieri, in un giorno di pioggia

Il futuro, il benessere e lo sviluppo della potenzialità del Santa Corona coincidono con il protocollo d’intesa firmato da Regione, Asl 2, Comune e Filse che avrebbe dato all’ospedale la sua struttura più moderna e funzionale. E invece non ha ancora nessuna operatività. Che fine ha fatto quell’intesa? Perché l’amministrazione regionale, con l’Assessore a targa leghista Sonia Viale, sta procedendo alla privatizzazione sconsiderata della Sanità del Ponente ligure, mentre gli esponenti del centrodestra tacciono o, quando non tacciono, si dilettano in proclami e slogan per distogliere l’attenzione dal problema?

Se fossimo già in una fase operativa nella ristrutturazione del Santa Corona secondo la soluzione che avevo proposto da sindaco, con un costo contenuto, il mantenimento delle strutture di levante e la valorizzazione degli edifici fatiscenti, a quest’ora la politica locale si interrogherebbe sul rilancio del nosocomio, non su come salvarlo. Chi si sta proponendo adesso come “paladino” dell’ospedale, magari lanciando idee sganciate dalla realtà, è lo stesso che tacitamente avalla il “libro bianco” dell’Assessore Viale e quel modello sciagurato di privatizzazione che già sta mietendo vittime nelle risorse per l’assistenza pubblica alla salute. E tra queste vittime c’è il Santa Corona di Pietra Ligure, lasciato morire di stenti.

Ma quello che stupisce non è soltanto la mancanza di responsabilità, in un momento in cui tutti dovrebbero elevarsi sopra le polemiche di quartiere per far quadrato intorno al Santa Corona. E’ anche una vistosa lacuna di realismo. Il protocollo d’intesa voleva garantire l’ammodernamento dell’ospedale e il suo ruolo nella rete savonese, con il DEA di II livello; un nosocomio dalla lunga tradizione che vuole guardare al futuro distinguendosi per le sue eccellenze. Invece, come si pensa di garantirne la sopravvivenza senza ristrutturarlo e razionalizzarlo? Se qualcuno ha altre proposte o conosce altri possibili finanziamenti, ben venga e si esponga al confronto. All’epoca il progetto di razionalizzazione dei padiglioni e di valorizzazione era la soluzione ottimale, tanto da essere votata all’unanimità dall’amministrazione comunale. Eppure, con il cambio di bandiere in via Fieschi, gli ordini di scuderia hanno invertito la rotta (virtuosa). Sono cambiati contro il diritto alla salute dei cittadini del Ponente ligure, a favore di un modello che privilegia il privato sul pubblico. Purtroppo c’è qualcuno, anche nella Val Maremola, che questi ordini di scuderia li segue e li esegue.

Queste persone dovrebbero spiegarci perché si sta andando avanti con una privatizzazione della sanità che penalizza le strutture pubbliche e fra queste, drammaticamente, il Santa Corona. Perché, per esempio, a Pietra Ligure non sono ancora stati nominati ben 12 primari o perché si vuole persino declassare il Trauma Center. La verità, preoccupante e inesorabile, è che l’attuale amministrazione regionale finirà con smantellare, mattone per mattone, il Santa Corona, passando sulle teste dei cittadini, magari trasferendo le specialità alla sanità privata di Albenga, nonostante i “paladini” dell’ultim’ora.

Luigi De Vincenzi, vice presidente del Consiglio regionale, esponente del Pd, ex sindaco di Pietra Ligure

Alassio e Albenga alla Virgo FidelisLa Messa, preghiera, torta e la parlamentare

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Sindaci, rappresentanti delle associazioni militari, ufficiali e sottufficiali dell’Arma e anche la parlamentare europea Laura Comi, il capogruppo di FI in Regione Angelo Vaccarezza, ad Alassio anche un torta  dolce decorata e preparata dagli allievi di pasticceria dell’Alberghiera. La Santa Messa alla presenza del vescovo diocesano. Le chiese affollate da divise. La ricorrenza della Virgo Fidelis patrona dell’Arma dei carabinieri è stata celebrata con solennità ad Alassio ed Albenga dove hanno sede i rispettivi comandi di compagnia. Un momento di religiosità, si è alternato all’incontro conviviale. Quest’anno la cerimonia presente Lara Comi parlamentare Europea eletta nella circoscrizione del Nord Ovest con Forza Italia.

Alassio pentita dà il benvenuto alla Tassa di soggiorno. E chi si rivede? L’on. Lara Comi, Roberta Gasco abbracci e… Lucchini spara

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“Siamo in attesa della richiesta ufficiale degli albergatori (associazione locale ndr) che ad oggi (martedì 20 ndr) non è pervenuta al Comune. Finora abbiamo letto l’anticipazione di Ivg che avrà ottimi informatori, la giunta Melgrati non ha dunque deciso nulla anche se accogliamo con favore la Tassa di scopo, anzichè la Tassa di soggiorno. C’è una bella differenza, il 100 % resta a disposizione di iniziative  degli alberghi…”. Trucioli non ha potuto fino ad oggi conoscere un paio di dati. Quanti sono i titolari di attività ricettive alassine iscritte all’Upa provinciale e quanti all’associazione locale. E quale sia il risultato delle votazioni ‘pro tassa di scopo’. Gli alberghi tradizionali si sono ‘ridotti’ a 47 (e pareggiano con Finale Ligure), 70 compresi residence e B&B. Non hanno di certo il peso, mai messo in dubbio, dei Bagni Marini.

Che dire, la ‘Tassa di scopo’  ci riporta  in un certo qual senso all’operato delle vecchie APT, alla destinazione della prima Tassa di soggiorno, con l’ Azienda autonoma  che ad Alassio era un fiore all’occhiello, basti pensare ai presidenti Garassino, Beniscelli, Gaibisso. Non saranno stati  dei ‘miracolati’, ma Alassio contava (dati ufficiali) su un’attrezzatura ricettiva di 191 esercizi. Suddivisi tra 81 alberghi, 87 pensioni, 23 locande, 48 Stabilimenti balneari (oggi raddoppiati) e 10 caffè concerto. Significavano  clientela straniera del centro e nord Europa, treni speciali, touroperator tedeschi, inglesi, svedesi e norvegesi, svizzeri, belgi, olandesi, austriaci, francesi, con varie tipologie di clienti. Significavano soprattutto posti di lavoro, al punto che non riuscendo a coprire tutti i ruoli, arrivavano anche da fuori regione. Non ha sicuramente giovato la ‘manna’ (per una fascia ristretta) della moltiplicazione delle ‘seconde case’, soldi subito e tanti, ma destinate a non fare da volano, semmai essere produttive un paio di mesi all’anno, qualche week end con i proprietari che fanno visita alla loro ‘casa al mare’. E’ ancora possibile rimediare, tornare ai ‘tempi d’oro’ come qualcuno si azzarda a sostenere, magari applaudito e premiato nelle urne ?

Oggi più che mai assistiamo all’effetto ‘visibilità totale’. Vice ministri, presidenti di regione, sindaci che ogni giorno si affacciano sul palcoscenico televisivo, distribuiscono gli ‘effetti speciali’ del loro vangelo, delle gesta quotidiane. Vedremo più prima che dopo i risultati per gli italiani, molti sperano nella ‘ricetta giusta’, nell’uomo mandato dalla Provvidenza. Certo è che sono ammirevoli perchè riescono ad adempiere ai già gravosi impegni d’ufficio istituzionali, lo studio e le ‘medicine’ per un’Italia che si avvicini almeno alle altre ‘civiltà’ dell’Europa occidentale, con le ‘passerelle televisive’ in ogni momento della giornata. Al punto, quasi comico, che per presenziare all’abbattimento di 7-.8 villette abusive di Roma – che prima d’ora nessuno aveva mai citato –  sono intervenuti in successione televisiva il sindaco ‘grillino’, il ministro dell’Interno leghista, il presidente del Consiglio che dovrebbe nel governo rivestire il ruolo da arbitro. Tutti e tre a magnificare che per la prima volta si abbatteva nel feudo mafioso dei Casamonica. Ma in una trasmissione televisiva serale de La 7 venivano elencati, negli ultimi dieci anni, altri sei casi di abbattimento di costruzioni abusive sempre dei Casamonica e nessun sindaco o governo si era sognato di ‘presenziare’ immortalato dalle reti televisive.

Alassio che attende, sotto la cenere, il responso del tribunale di Genova, a proposito delle spese pazze in regione, con il sindaco Melgrati che rischia la sospensione. Ognuno la pensi come crede, difficile avallare la tesi che Melgrati abbia rubato, piuttosto non era estraneo all’andazzo. Certo è che la comunità alassina non ha bisogno di ‘vuoti di potere’. E’ stato eletto e lasciamolo governare.

La vicenda ‘tassa di soggiorno’ è stata prontamente cavalcata dalla Lega che con il sindaco Canepa l’aveva avallata e ora rinfaccia il ‘voltafaccia’, dicono, di Melgrati e C. A chi giova rinfacciare ? Agli albergatori, al turismo, a raccogliere qualche consenso in più ? Invece di  valutare le conseguenze di un crescente distacco tra Alassio e la cugina Laigueglia, oggi retta da un sindaco che è al vertice della Lega in provincia di Savona. Laigueglia che non aveva aderito e non aderisce alla Tassa di Soggiorno, mentre non si sa nulla di quella che dovrebbe essere la sintonia di scelte amministrative tra i due comuni, di concertazione. Le associazioni di categoria ancora una volta perdono l’occasione di essere di stimolo ad una sinergia comprensoriale, ad una visione che non guardi al giorno dopo, ma alle generazioni a venire, così come avevano fatto gli avi. Sicuramente non è di aiuto un sistema informativo che predilige il ‘copia e incolla’, la fonte di ‘palazzo’, piuttosto che l’approfondimento e la testimonianza nel ruolo di informare, senza chiedersi a chi giova o non giova. (l.cor.)

COMUNICATO STAMPA – L’On. Lara Comi ad Alassio: Pieno supporto per il progetto Tecnoreef

L’eurodeputata Lara Comi abbracciata al sindaco Marco Melgrati e dall’altro lato l’ex consigliera Roberta Gasco, travolta dallo scandalo Spese pazze in Regione Liguria, che è stata condannata a 2 anni e mezzo, all’interdizione temporanea dai pubblici uffici e ha restituito 106 mila euro di denaro impropriamente ricevuto in termini di rimborsi per l’attività svolta nel periodo 2008 / 2010 la prima “tranche” dell’inchiesta, mentre il Pm ha chiesto una ulteriore condanna per il periodo 2010 / 2014 ad 1 anno e mezzo. La sentenza è attesa per l’ormai prossimo mese di Dicembre 2018 . (n.d.r AlassioFutura)

La prima domanda è stata sui danni a seguito della mareggiata del 29 ottobre scorso. L’Eurodeputato Lara Comi, stamani ha sorpreso la Giunta Comunale alassina con una visita a sorpresa

Il Sindaco di Alassio, Marco Melgrati, ha così avuto modo non solo di illustrare nel dettaglio la gravità dei danni subiti, ma anche il percorso di ricostruzione avviato e soprattutto le esigenze della città affinchè fenomeni come quello registrato il mese scorso non abbiano più lo stesso impatto devastante sulla costa, prima fra tutti il progetto Tecnoreef.  “L’On Comi – spiega Melgrati – si è messa a disposizione del Comune di Alassio nel percorso di presentazione del bando europeo per il finanziamento del progetto Tecnoreef suggerendo l’utilizzo dei fondi strutturali di coesione, fondi a disposione delle Regioni: un fondo che, qualora inutilizzato, entro il 2020, sarebbe riassorbito dall’Unione Europea”.

Non solo: dopo aver ascoltato il dettaglio dei danni subiti a livello pubblico e privato ci ha suggerito di chiedere alla Regione di attivarsi presso il Governo perchè sia attivato il Fondo Europeo di Solidarietà.

SCRIVE FABIO LUCCHINI, EX CONSIGLIERE COMUNALE

EX FORZA ITALIA, DAL SUO BLOG ‘ ALASSIO FUTURA’

La incomprensibile presenza all’incontro pubblico di #RobertaGasco, pesantemente condannata per la prima “tranche” dell’inchiesta ” #SpesePazze ” in #RegioneLiguria a 2 anni e mezzo e alla restituzione del #maltolto per un valore di 106 mila euro, accompagnata dal potente Capogruppo di #ForzaItalia in Regione Liguria #AngeloVaccarezza. Altrettanto incomprensibile che una persona politicamente avveduta come l’on. #ComiLara si possa accompagnare ad incontri pubblici e sostanzialmente istituzionali con persona coinvolta e già condannata nello scandalo regionale “Spese pazze”.

COMUNICATO STAMPA DELLA LEGA SEZIONE DI ALASSIO – Alassio, 17 nov. – “Con una piroetta degna dei migliori ballerini, il

Il vice sindaco Piero Rocca al gazebo della Lega per le elezioni politiche

sindaco di Alassio effettua un clamoroso dietrofront sul principale cavallo di battaglia della propria campagna elettorale. A nemmeno sei mesi dall’insediamento, le straordinarie promesse elettorali di Melgrati, Galtieri e soci vanno a scontrarsi con la realtà: ecco che, dopo aver frettolosamente cancellato l’imposta di soggiorno che la precedente amministrazione aveva concordato con la Regione e con i vertici provinciali degli albergatori, la reintroducono poco dopo. Ma come, proprio loro che per mesi hanno recitato il ruolo dei paladini anti-imposta di soggiorno? Ricalcando l’imposta giornaliera che si pagherà in tutti i comuni della provincia, dicono. Dunque, proprio come già pianificato da chi governava prima di loro: speriamo almeno che decidano di reintrodurre anche le agevolazioni che aveva previsto il precedente assessore al turismo. Da minoranza responsabile e propositiva, fino a oggi ci siamo limitati a osservare l’operato dell’amministrazione e, a differenza dell’opposizione che faceva Galtieri, evitando polemiche pretestuose e sterili, nel solo interesse di Alassio e degli alassini. Oggi, è difficile stare in silenzio di fronte a questa scelta. Il sindaco sta probabilmente comprendendo che governare un ente locale nel 2018 non è facile come ai suoi tempi. E questa clamorosa retromarcia non è una bella pagina per la politica della città: la dimostrazione evidente che il programma elettorale di Melgrati era un libro dei sogni e che ci sono forze in campo che promettono qualsiasi cosa pur di prendere voti. Gli alassini se ne stanno accorgendo, giorno dopo giorno”.

Lo dichiara Piero Rocca, segretario della Lega di Alassio.

Alassio un sindaco davvero da spotla sorte delle costose Car Shoese immagini che rallegrano le serate

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Scrive un fan – lettore: “…e il nostro amato sindaco, sprezzante del pericolo, si presenta sulla passeggiata a mare con costose (?) Car Shoes. E c’è chi si chiede se corrono il rischio di rovinarsi  e finire al macero….suvvia non conosciamo abbastanza il primo cittadino…”.

ECCO IL FILMATO DELLA ALLEGRA MANIFESTAZIONE ALASSINA (vedi…..)

Non siamo in presenza di un fotomontaggio, ma di un sindaco fusto con l’addetta stampa del Comune il cui attivismo e maestria nel comunicare ai media è puntuale, preciso e martellante. Siamo davanti ad un serpentone in acqua di 250 partecipanti italo – francesi, divertiti, il 21 ottobre e trucioli pubblica solo ora perchè ogni settimana il materiale è tanto e dobbiamo fare dei tagli, rinviare.

IL GIORNO POST ALLUVIONE MELGRATI A TU PER TU CON I DANNEGGAITI IN CAR SHOE

Scrive un fans – lettore: “…e il nostro amato sindaco, sprezzante del pericolo, si presenta sulla passeggiata a mare con costose (?) Car Shoe. E c’è chi si chiede se corrono il rischio di rovinarsi  e finire al macero….suvvia non conosciamo abbastanza il primo cittadino…”.

LE SERATE GIOIOSE DI ALASSIO  COL BUON ESEMPIO DELL’AMICIZIA

UNA CITTA’ TRISTE ED IL COPRIFUOCO NON AIUTANO IL TURISMO

Ecco innocenti immagini in esclusiva per trucioli.it, amico di Balfagor, alassino Doc. Al ristorante tra allegria, buongustai, sana atmosfera canora. Nessun gossip, sia scritto chiaro e tondo. Chi non ha nulla da temere non si nasconde. In sequenza gli assessori Rag. Patrizia Mordente (delega al Bilancio, Finanze e Pari Opportunità – già revisore dei conti in varie occasioni passate, moglie di Sergio Coxe costruttore), dott.ssa Paola Cassarino (consigliere con delega Cultura e Protezione Animali – figlia ex sindaco Giuseppe “Pippo” Cassarino ), avv. Franca Giannotta ( assessore Urbanistica, Edilizia Privata, Affari Giuridici, Protezione Civile e Patrimonio – coniugata con il maresciallo della GdF Amarildo Mastroleo), avv. Massimo Parodi (presidente Consiglio comunale – figlio del notaio Parodi), Roberta Zucchinetti (consigliere con delega allo Sport – già campionessa di vela olimpionica, il padre personaggio della vela sempre a livello sportivo internazionale e pluri-olimpionico), Generale in pensione Giacomo Battaglia, Generale di Brigata Arma Carabinieri “2 stelle”, in quiescenza (consigliere con delega alle Politiche Sociali). E due personaggi che non hanno bisogno di presentazione Marco Melgrati e Pier Paolo Pizzimbone, presidente e vicepresidente di Politica per Passione, due curriculum tra studio professionale e politica il primo, imprenditoria nazionale e politica in Parlamento il secondo (eletto in Sicilia). Per tutti un simpatico ed accattivante humor e di questi tempi ne abbiamo tutti bisogno ed accattivante humor.

Garessio, grazie Acqua San Bernardo! Il rinascimento cuneese: campioni d’Italia di pallapugno, calcio femminile, pallavolo, atletica leggera, volley, basket, rugby

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Non c’è da stupirsi se un’azienda  storica di Garessio (Acqua San Bernardo), oltre ad essere sulla pista da corsa dei risultati commerciali, con investimenti e profitti, ha scelto di impegnarsi economicamente a sostenere tanti settori sportivi ed eventi del territorio, della provincia di Cuneo soprattutto. Una strategia che meriterebbe di essere conosciuta e divulgata anche oltre i confini provinciali e regionali. Lo sport come strumento di educazione sociale e di formazione culturale che non va solo intesa nel gergo scolastico. La disciplina sportiva è anche disciplina e palestra civica. La San Bernardo che, con il suo sostegno economico e promozionale, raggiunge con la pallapugno lo scettro di Campioni d’Italia. Poi il calcio femminile, atletica leggera(regina dello sport), pallavolo, volley rosa, basket, rugby tra Cuneo, Mondovì, Saluzzo e non solo.

Capitan Raviola dopo la Coppa Italia alza al cielo anche lo scudetto 2018. Una grande festa per la pallapugno in casa Acqua S.Bernardo Ubibanca Cuneo! La quadretta condotta dal giovane capitano Federico Raviola e da Paolo Danna torna sul tetto d’Italia vincendo sull’Alta Langa, di Davide Dutto, la finale di ritorno disputata allo sferisterio “Capello”.

A Cuneo, Raviola è al suo primo successo tricolore e con tutti gli onori nell’Albo d’oro. Federico è per la quinta stagione cuneese. Al suo fianco l’esperienza di Paolo Danna, Enrico Rinaldi e Gabriele Re. In panchina il direttore tecnico Giuliano Bellanti.
 

Scajola assessore: ora c’è la legge per l’edilizia anti degrado e recupero di aree agricole. Boom dei boschi in 26 anni

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La notizia più confortante per salute e ambiente è la crescita del patrimonio boschivo ligure, sconvolto dalla rapallizzata fascia costiera e immediato entroterra. Con un risultato automassacrante, spesso taciuto: dequalificazione e massificazione dell’industria turistica, unica risorsa diffusa e trascurata, quanto ad investimenti pubblici  e di infrastrutture, dopo la strage del sistema industriale. E ancora, la calamita dei profitti immobiliare ed aree edificabili, nell’inferno della bieca speculazione, hanno depauperato e disincentivato pure l’attività agricola che non ha saputo rigenerasi con strategie virtuose (e vincenti) nella filiera della commercializzazione dei prodotti. Tipo le cooperative del Trentino Alto Adige e dell’Emilia Romagna. La saturazione edilizia ha finito per ingolfarsi, si è concentrata nel turismo di mare, ha ampliato ciò che viene definito dall’assessore all’Urbanistica regionale Marco Scajola: ritmo elevatissimo nella crescita della superficie boschiva, passata dal 54 al 75 %, in 26 anni (1986-2012). Si potrebbe gioire, ma non è proprio così.

Marco Scajola e Stefano Mai

Se la costa è stata caratterizzata da un fiorire di sviluppo edilizio più o meno selvaggio, capace di alterare in molti casi il tessuto sociale, generando un’estesa filiera clientelare, con un mercato immobiliare che in moltissimi casi è tra i più ‘costosi’ e lucrosi dell’Europa Occidentale. I nostri stessi giovani connazionali che emigrano all’estero, in città come Berlino, testimoniano che ‘mattone’ a mq e affitti sono più convenienti che in Riviera, con qualche eccezione di bidonville, non quanto a numero di residenti, ma a sviluppo selvaggio che alla fin fine ha portato all’impoverimento dei meno fortunati, allo svuotamento di centri storici privati delle peculiari caratteristiche delle botteghe ed locali commerciali. Dove ancora non è calata la mannaia, si assiste ad un fiorire di attività di casba e di suk. E’ questo il futuro che lasciamo alle generazioni a venire ? Quali opportunità di lavoro ha originato la ‘manna’ di monolocali, bilocali e trilocali per seconde case ? Quale la sorte per chi ha investito in immobili che dovevano essere destinati ad affitti commerciali o magari attraverso lo scambio aree edificabile in cambio di superfici al piano terra. Sono in continuo aumento i cartelli ‘affittasi’, ‘vendesi’.

La Regione Liguria alla guida Forza Italia, lega, Fratelli d’Italia, con il suo assessore Marco Scajola, ha portato in porto come si legge nel comunicato stampa una nuova legge che si ripromette di curare concretamente le molte, le troppe ferite, divario e clamorose ingiustizie. In concerto con l’assessore all’Agricoltura, Stefano Mai, ex sindaco di Zuccarello, si sarebbero create le prime condizioni  sulla ‘rigenerazione urbana ed il recupero del territorio agricolo’. Come ? “Con voto pressoché unanime dell’aula con la sola astensione dei consiglieri del M5S, a dimostrazione del buon lavoro fatto in sede di commissione con le categorie e gli Enti locali – recita la nota stampa – e dopo un’ampia consultazione con le categorie, i professionisti e gli Enti locali: il confronto è servito a raccogliere indicazioni e proposte per dare vita ad un provvedimento che nasce dal basso, dalle esigenze di chi il territorio lo vive, dagli amministratori ai pianificatori, dalle categorie della produzione alle associazioni di cittadini”.

La speranza è siano stati consultati, oltre agli amministratori eletti, pure quelle competenze che, per la loro professione e bagaglio storico- culturale, si sono occupati e si occupano delle dinamiche del nostro territorio. In particolare la ‘morte lenta’ di quasi tutte le zone cosiddette di montagna, quelle sottoposte a spopolamento diffuso, assenza totale di mercato ed investimenti immobiliari. Aree provate e sconfitte a quanto sembrerebbe dalla componente dell’insussistenza elettorale, da una sempre invocata e predicata vocazione dell’entroterra, nei fatti privata di ogni risorsa e stimolo pubblico per sopportare, incentivare, l’attrazione del privato o almeno ‘premiare’, non scoraggiare, chi ancora presidia il territorio.

Ora non sappiamo quale tabella di marcia, se ed entro quanto tempo si potranno misurare, constatare, i frutti della legge Scajola – Mai. Se le ‘solido fondamenta’ che oggi si elencano avranno riscontri non diciamo domani, nell’arco di breve tempo, segnando quanto prima segnali di inversione di tendenza, con un monitoraggio costante e non di parte.

URBANISTICA: REGIONE LIGURIA, ASSESSORE SCAJOLA: APPROVATA

IN CONSIGLIO NUOVA LEGGE PER “RIGENERARE IL TERRITORIO E RECUPERARE I TERRENI AGRICOLI”.

Marco Scajola e Stefano Mai assessori in Regione

COMUNICATO STAMPA –  Approvata dal consiglio regionale la nuova legge, proposta dall’assessore regionale all’Urbanistica Marco Scajola e sottoscritta dall’assessore regionale all’Agricoltura Stefano Mai sulla rigenerazione urbana e il recupero del territorio agricolo. Un’approvazione che arriva dopo le consultazioni pubbliche, che hanno preso il via a luglio, con le categorie produttive e dei professionisti e gli enti locali.

La nuova legge consentirà da un lato la rigenerazione dei borghi e del patrimonio edilizio più degradato e dall’altro affrontare il tema dell’abbandono del territorio agricolo che, soprattutto in Liguria, ha assunto dimensioni preoccupanti. Ora i Comuni potranno individuare gli ambiti dove agevolare gli interventi di ricostruzione e rigenerazione stabilendo norme specifiche in situazioni puntuali dove il degrado è maggiore.

Si potranno in particolare individuare zone che abbiano una grave carenza servizi di urbanizzazione, con edifici abbandonati ed aree libere da recuperare, strutture con gravi problemi statici, tecnologici o energetici, aree dove vi siano accentuati fenomeni di marginalità economica e sociale. Parallelamente, anche per quanto riguarda le aree boschive abbandonate, i Comuni potranno effettuare un censimento e prevedere interventi specifici per favorire il loro recupero con attività agricole, dando così risposte anche alle richieste da parte di nuove attività.

Spetta quindi ai Comuni il compito di costruire regole idonee per una nuova domanda di sviluppo, individuando i luoghi dove maggiore è il bisogno di rigenerazione urbana e dove serve contrastare l’abbandono. Per favorire questi interventi i Comuni potranno però adottare incentivi attraverso l’abbattimento dei costi dei contributi di costruzione, altre forme di riduzione economica per recuperare ad esempio gli alberghi o l’esenzione dei contributi aggiuntivi per le quote di edilizia residenziale pubblica. La Regione ha inoltre previsto l’utilizzo di un apposito fondo con una dotazione iniziale di circa 700 mila euro per favorire la realizzazione di progettazioni ed interventi di rigenerazione urbana in particolare nei Comuni di minore dimensione ed in quelli situati nell’entroterra.

Sono soddisfatto della votazione con voto pressoché unanime dell’aula con la sola astensione dei consiglieri del M5S, a dimostrazione del buon lavoro fatto in sede di commissione con le categorie e gli Enti locali – ha detto al termine della votazione l’assessore regionale all’Urbanistica Marco ScajolaQuesta norma si inserisce in un percorso di semplificazione che stiamo portando avanti da tre anni e consentirà ai Comuni, specie quelli medio-piccoli, di agire puntualmente sulle aree dove maggiore è il degrado e l’abbandono. La legge è stata preceduta da un’ampia consultazione con le categorie, i professionisti e gli Enti locali: il confronto è servito a raccogliere indicazioni e proposte per dare vita ad un provvedimento che nasce dal basso, dalle esigenze di chi il territorio lo vive, dagli amministratori ai pianificatori, dalle categorie della produzione alle associazioni di cittadini”. “Oltre alle semplificazioni previste dalla norma –  continua Scajola – abbiamo voluto dotare la legge di un fondo per dare maggiore slancio ad un’azione che consideriamo fondamentale per riqualificare un territorio bellissimo ma spesso difficile.”

I numeri raccontano una realtà particolarmente difficile in Liguria: oltre il 40% delle circa 450 mila abitazioni presenti in regione risalgono al periodo tra il 1946 ed il 1971. Un’edilizia di scarsa qualità che rappresenta una quota significativa delle aree periferiche delle città e dei paesi con carenze che riguardano l’accessibilità, la qualità degli edifici, creando problemi di sicurezza sia ambientali sia di degrado sociale. Nel frattempo la superficie occupata dal bosco è cresciuta ad un ritmo elevatissimo, passando dal 54% della superficie regionale nel 1986 al 75% nel 2012.

Liguria da libro: Sole, mare e… mafieinformiamo i giovani già nelle scuole

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Stefano Padovano: mezzo secolo di ritardi. Saggi sul crimine organizzato in Liguria (Rubbettino Editore). Padovano, noto criminologo e autore del libro affronta e illustra senza mezzi termini le problematiche legate al “crimine organizzato” in una regione, la Liguria, la quale si riteneva immune da tale presenza, quasi fosse “isola felice”. Nel 2014, in una conferenza ad Albenga, presente il sindaco Giorgio Cangiano, lo studioso affermava: “Loano ed Borghetto S. Spirito rispetto ad Albenga sono una bomba, persino Finale  Ligure ha dati peggiori”.

Il contenuto del libro, agile e ben curato e che dice “della forza seduttiva e prorompente della corruzione” (p. 175), si poggia su validità scientifica e chiarezza espositiva per far comprendere quale sia il percorso che “dalla legalità porta all’illegalità” e come “la criminalità organizzata prova, e spesso riesce, ad andare a braccetto con esponenti della politica” (p. 89).

Dirò subito che di solito si è portati a saltare a piè pari l’Introduzione dei libri, ma in questo caso non è cosa da farsi perché qui è proprio l’Introduzione che fornisce (pp. 32, 33 e 34) la vera chiave di lettura dei capitoli successivi. Sono cinque gli stimolanti capitoli, suddivisi in 31 paragrafi e 9 sottoparagrafi, cui fanno seguito sei pagine di una ricca e attenta Bibliografia che comprende ben 133 voci.

La lettura propone un vero e proprio tuffo nel burrascoso mare, o meglio, nell’insidioso oceano dell’illegalità e della criminalità organizzata; o, se lo preferite, un viaggio, di sapore quasi dantesco, nei tortuosi e perigliosi gironi di dette illegalità e criminalità, con un taglio particolare – come dire: “mare, sole e… mafie” – riservato in special modo alla nostra Liguria: dall’estremo ponente all’estremo levante, Genova compresa, pur estendendosi la disamina anche al resto d’Italia e all’estero vicino e lontano.

Il criminologo Stefano Padovano, nel maggio 2014, con il sindaco di Albenga, avv. Giorgio Cangiano. È docente a contratto per gli insegnamenti di Criminologia, Sicurezza urbana e benessere della comunità in ambito universitario e per la Scuola Interregionale di Polizia Locale (SIPL. Padovani: “Sono qui per scelta personale, perché la prima volta che ho incontrato Giorgio ne ho apprezzato la modestia, a fronte di tanti incontri con futuri sindaco, anche in passato – che una volta eletti si disinteressavano – ho apprezzato di Giorgio Cangiano, un elemento che è punto chiave per l’approccio alla sicurezza, in un’ottica di programmazione”.
“Non mi ha chiesto di telecamere che sono 80 in Albenga, ma ad esempio quella di Bastia e di Leca non servono a nulla. Serve una politica di investimento. La situazione di Albenga non è allarmante – Borghetto S. Spirito e Loano sono una bomba rispetto ad Albenga e persino Finale Ligure ha dati peggiori – ma questa città deve invertire la tendenza. Negli ultimi mesi prima delle elezioni hanno dato un’immagine fortemente negativa della città e creato un clima allarmistico, non giustificato dai dati reali. Anche sulla prostituzione al chiuso ha dati peggiori Albisola e Loano”. Dal 2010 i crimini di strada, furti, borseggi, aumentano. Molti sono arrabbiati perché qualcuno ha fatto delle promesse che non sono state mantenute ed è un tema – dicono gli esperti – che come un boomerang torna indietro. Non bisogna fare demagogia, ma dare risposte concrete e coordinate. Negli ultimi anni – poi – su impulso della legge Maroni che ha aperto le porte a ordinanze dei sindaci assurde. Ci sono state delle ordinanze sindacali “fantasiose” come quella sull’assembramento che ha visto il Prefetto di allora in grande imbarazzo, davanti all’ordinanza della Guarnieri, quella che vietava il kebab dopo un certo orario, e altre nelle varie città incredibili che servono per la propaganda, ma non ai cittadini.
Molte le tematiche trattate dall’esperto Stefano Padovani, ma riconoscendo la grande efficacia delle leggi su stalking e violenza sulle donne, afferma che questo è uno dei temi veramente esponenziali che andrebbe monitorato meglio e su cui il nuovo sindaco di Albenga dovrà avere una grande attenzione e creare risposte adeguate al problema. ” Fate qualcosa!” C’è un sommerso che è eclatante! ” Fate qualcosa!” C’è un sommerso che è eclatante!”

Lo scopo di  questo libro è duplice e lo si trova ben esplicitato a p. 97, là dove si dice che non si limita ad analizzare “casi più o meno accertati di corruzione o di concussione nell’esercizio dei poteri della sfera politica o di pubblico ufficiale” (Quanti casi esplodono su stampa e in tv tutti i giorni!), ma mira ad “indagare la genesi e la commistione di interessi tra gli attori della società civile e quelli delle consorterie criminali «illegali»”. Da una lettura attenta del libro di Padovano – che già nel titolo giustamente e con forza puntualizza “mezzo secolo di ritardi”, sottovalutazione e incomprensione del fenomeno mafioso – si comprende chiaramente, e l’autore lo dichiara a pagina 88, “quanto sia sfumata (per non dire inesistente) la linea di demarcazione che dovrebbe separare le sfere del legittimo da quelle dell’illegale”: è quella che il criminologo definisce dapprima “zona grigia”, preferendo poi la definizione di “zona interdetta” (p. 167), riferendosi a quello spazio, non virtuale ma fattuale, in cui nel corso degli anni, sia nel Nord Italia che nella nostra Regione, intelligentemente e, aggiungo io: con lenta e subdola cautela, la criminalità (gioco d’azzardo, edilizia, acquisto/vendita immobili, «pulitura» denaro illecito, usura, droga, favoreggiamento, intimidazioni e ritorsioni, attentati, violenze e minacce fisiche e verbali, prostituzione) si è introdotta, integrandosi e ammorbandolo, nel tessuto sociale ligure (edilizia, turismo, floricoltura, commercio, sport, attività portuali… con l’abbandono dell’ostico porto di Gioia Tauro per il più agevole porto di Genova e porticcioli limitrofi).

Mettendo a fuoco sul tema qui trattato “la «disattenzione» o la pigrizia intellettuale di molti accademici”, a mio parere Padovano non si è limitato a prendere in considerazione la presenza delle “criminalità organizzate” che hanno agito – a seguito di emigrazione, soggiorno obbligato o altro dal Sud al Nord – in zone molto distanti e diverse dai loro territori di provenienza, ma si è in particolare proposto di andare a fondo su tale aspetto perché, interpretando le combinazioni palesemente mafiose e quindi “a rischio criminale”, ha preso simultaneamente in serio e concreto esame da un lato “le criminalità organizzate” e dall’altro “l’ambiente ligure”, e ciò al fine di cogliere quali moventi, quali contaminazioni e quali collegamenti siano intercorsi fra le due realtà, oggi più complesse e sfuggenti a seguito della commistione tra italiani e stranieri.

La domanda che ogni lettore è portato a farsi e, con essa, la questione che solleva il libro è la seguente: “Ma il nord Italia e la Liguria sono davvero «isole felici» o sono dannatamente in mano alle «cosche mafiose»?” C’è da dire che, a tal proposito, i cinque capitoli del libro-saggio di Padovano si rivelano come altrettante fucilate che centrano in pieno il bersaglio, vale a dire quel crimine organizzato (‘ndrangheta, mafia, camorra) che, come una appiccicosa ragnatela, s’è esteso da tempo su tutto il territorio ligure, contaminandolo e insinuandosi nelle sue più diverse attività “di interazione tra sfere imprenditoriali apparentemente legali e aree della criminalità operanti nell’ombra ma presenti” (p. 65-66) palesemente “per convenienza reciproca – come si legge a p. 69 – tra imprenditoria deviata e mafia”. Certamente – e fin dagli anni Sessanta/Settanta – è l’assenza o la mancanza dello Stato che ha consentito e, diciamolo pure, favorito a tutti i livelli il proliferare delle organizzazioni illegali che allo stesso Stato si sono sostituite. Ovvia la deduzione che pare suggerire l’autore: più Stato, meno illegalità. A parte l’eclatante caso Teardo (p. 73), Padovano riporta “testimonianze dirette” e, anche senza far lunghi elenchi di nomi e cognomi, fa comprendere con esplicita chiarezza che, un po’ ovunque in Liguria, circolano e operano figure (o figuri?) poco raccomandabili, di provenienza ben specificata, accusate di… associazione a delinquere di stampo mafioso. Non c’è proprio da stare allegri, è necessario – e questo emerge nettamente –  mettere in campo da parte dello Stato azioni di contrasto al tessuto criminale creando anticorpi atti ad evitare il riprodursi di comportamenti talmente illegali che, nel 2009, hanno finito per far assegnare alla Liguria… il triste record dei fallimenti di imprese (p. 79).

Commento finale: Guarda caso, è bastato sfogliare e leggere i quotidiani di questi ultimi mesi per rendersi pienamente conto come essi abbiano messo in luce, in località della Liguria, vari fatti di corruzione e collusione, anche ad alto livello, confermando così, in pieno, l’attenta e diligente, puntigliosa e, si può dire?, coraggiosa analisi condotta dal criminologo Stefano Padovano, secondo il quale non bastano “investigazioni, arresti e sequestri di patrimoni” (p. 163), ma anche – aggiungo io – incontri ad alto tasso educativo e civile con le scuole e nelle scuole… perché i giovani sappiano e siano informati.

Benito Poggio

Notizie liguri: 12 milioni destinati agli hotel.2,3 ml per 5 progetti Interreg e formazione. A Savona 10 mila ton. di rifiuti da Genova

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Prosegue l’altalena (dati e statistiche) di arrivi e presenze turistiche in Liguria. Tutti interessati, almeno a quanto di legge nelle relazioni di esperti, dalle dichiarazioni degli operatori, da eterne polemiche tra chi è in minoranza e chi in maggioranza al governo della Regione. Dimenticando che le parti si invertivano quando governava il centro sinistra e il centro destra all’opposizione. E si ‘sparano’, come una vittoria, i milioni stanziati e i benefici. Meno di 800 alberghi liguri resistono al dimezzamento più che superato di strutture: dal fronte mare alle Alpi Liguri, all’Appennino. Gli stanziamenti regionali, in proporzione alla patrimonio alberghiero, restano impari. Mentre non abbiamo mai letto quali siano stati i risultati, almeno dal 1980 in poi, delle ripetute iniezioni di soldi pubblici, per ‘riqualificare, rimodernare, ampliare, costruire nuovi alberghi’. Non per dare la caccia ad errori, per avere un dato di confronto preciso. Per ricreare fiducia negli investitori. All’industria turistica, lo Stato e la Regione, da sempre, si guarda con interesse, ma anche parsimoniosi.Si investe in denaro pubblico davvero poco rispetto al fatturato, ai nostri concorrenti occidentali. Se ogni volta anche la Regione ligure ricorre alle asparine, non stupiamoci di alti e bassi, della china, dello costante perdita di competitività. La classifica dei 30 paesi Top, vede l’Italia al 26° posto quanto a competitività. Prima di noi ci sono proprio i nostri abituali clienti della vacanza al mare ed in città, in montagna: Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Regno Unito Stati Uniti, Francia, Canada, Svezia.

C’0è l’inefficienza della politica (vedi la competenza di assessori al turismo), la burocrazia che rallenta e penalizza. I prezzi dell’industria vacanziera  sono ancora lontani, con rare eccezioni, da un buon livello di competitività. Non parliamo delle tariffe applicate  ai bus-touroperator.

Sarà pur vero che siamo di fronte ad una categoria (albergatori ed affini) che da anni non brilla in coesione, assiste silenziosa ad un finanziamento qui, uno là, una volta è la formazione lavoro ( a proposito ci siamo mai chiesti la sorte di chi negli anni ha usufruito del sostegno formativo ), l’altra volta elargizioni in conto capitale, mutui agevolati, benefici economici vari.  Somme tutto sommato modeste. Altrimenti non si capirebbe dove siamo arrivati. Mentre la tassazione complessiva e le incombenze burocratiche non arretrano. Burocrazia e peso fiscale sia a livello nazionale, sia regionale. E spesso gli ostacoli per chi vuole investire, magari con formule molto innovative, finiscono per entrare in rotta di collisione tra competenze e vincoli, leggi e leggine, norme, decreti, che si tramutano in lungaggini, non di mesi, di anni.

I numeri, le statistiche, il termometro, hanno una loro importanza, ma quando si parlerà della capacità di spesa in hotel (e del dopo albergo) del turista ? Quanto spende nella media giornaliera. Come si fa a discutere di statistica ignorando, ad esempio, che ci sono gruppi di stranieri che pagano 25-27 € in mezza pensione ? Che la media, nella mezza stagione, dei listini prezzi si aggira su 75- 85 € al giorno in mezza pensione. L’unica eccezione le 5 Terre dove si lavora soprattutto con il pernottamento e in maggioranza sono stranieri, extra europei.

IL PONTE MORANDI E RIFIUTI A SAVONA DELLA CITTA’ METROPOLITANA

“Viste le difficoltà di Amiu in questa fase, oggi l’Ato ha garantito maggiori spazi per conferire i rifiuti della Città Metropolitana: da questo momento alla fine dell’anno, 6400 tonnellate di rifiuti potranno essere conferiti alla Spezia e circa 10mila a Savona”. L’assessore all’Ambiente Giacomo Giampedrone fa il punto sulla situazione rifiuti nella Città metropolitana di Genova. “La disgrazia di Ponte Morandi – aggiunge Giampedrone – ha creato difficoltà anche da questo punto di vista: uno dei due centri di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti di Amiu, quello di Rialto, è proprio sotto il Morandi. Siamo in attesa che l’impianto, che non ha subito danni, venga smontato e ricostruito in altro sito. Naturalmente le attività di questo centro vengono svolte altrove, in porto, ma sono evidenti i problemi di logistica, di traffico e quindi di efficienza e di organizzazione del servizio. I silos sono pieni, la raccolta in affanno. Per questo, tramite la collaborazione delle Province di Savona e della Spezia, sono state individuate ulteriori soluzioni per incrementare i quantitativi di rifiuti ricevibili da Genova, alleggerendo la situazione in città”.

TURISMO IN LIGURIA: ARRIVI E PRESENZE  IN NOVE MESI

NUOVI FINANZIAMENTI PER STRUTTURE RICETTIVE ALBERGHIERE

COMUNICATO STAMPA – Rimangono sostanzialmente invariati i valori complessivi del flusso turistico in Liguria, nonostante una primavera caratterizzata dal maltempo e il crollo del ponte Morandi. I dati fino alla fine di settembre (gli ultimi per ora disponibili) dicono che gli arrivi sono stati 4.120.125, solo lo 0,11% in meno rispetto al 2017 che fu un anno record. Calano un po’ di più le presenze 13,525.256 (il 2% in meno) in seguito all’accorciarsi delle vacanze e al calo degli arrivi dal mercato interno, compensato pienamente dall’incremento degli stranieri che storicamente fanno vacanze più brevi. La Regione scende subito in campo per contrastare l’effetto negativo che ha caratterizzato gli ultimi mesi in termini di immagine, soprattutto sui mercati esteri, raddoppiando gli stanziamenti destinati all’Agenzia In Liguria per la promozione turistica, che passano da 700mila a 1,5 milioni di euro. Sono le principali novità emerse questa mattina dal tavolo istituzionale di confronto con gli operatori turistici per fare il punto sulla situazione del settore e sulle sue necessità.

“Non è stato un anno facile – ha detto il Presidente della Regione Giovanni Toti – per la Liguria come per l’Italia. Il turismo ha subito un rallentamento, sia per un fine primavera e inizio estate non stabile dal punto di vista meteorologico sia ovviamente per la tragedia del ponte Morandi, che ha dissuaso più i turisti stranieri che quelli italiani. La situazione rende comunque necessaria un’iniziativa energica di promozione per il 2019: aumenteremo i nostri budget di spesa su tutto il settore turistico, riproporremo il piano di riqualificazione delle strutture legato al fondo strategico, lavoreremo su tutte le campagne di immagine”.
“Ringrazio il Presidente per la sensibilità dimostrata nell’aumento del budget per il turismo e nel raddoppio del budget per l’agenzia – ha detto l’assessore al Turismo Gianni Berrino – Riteniamo che sia fondamentale rafforzare la promozione del territorio: all’inizio, dopo il crollo del ponte, pensavamo prevalentemente a Genova, ma dopo quanto successo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre è necessario che l’impegno straordinario di promozione sia rivolto a tutta la Liguria, che è pronta come sempre ad accogliere i turisti. Con maggiori risorse aumenteremo innanzitutto la presenza della Regione attraverso l’Agenzia In Liguria nelle capitali europee a diversi workshop di settore, per dare la possibilità ai nostri operatori di incontrare gli operatori stranieri. Temevamo che Genova e Spezia potesse avere un calo notevole, ma così non è stato, anche perché ci siamo attivati subito per trovare vie alternative per i flussi turistici. Siamo soddisfatti: la flessione è contenuta, nell’ultimo fine settimana alle Cinque Terre nonostante il tempo c’erano molti turisti, Genova continua a fare il pieno e La Spezia continua ad avere dati confortanti. Le dinamiche hanno portato alcune città, come Sanremo, ad aumentare le presenze, altre ad avere un calo che però era fisiologico rispetto alle performance straordinarie del 2017”
“Abbiamo coinvolto tutti gli operatori – ha detto il Commissario di Agenzia in Liguria Pierpaolo Giampellegrini  – c’è stata una grandissima affluenza al tavolo di questa mattina: l’attesa è alta e dobbiamo dare delle risposte. Facciamo una proposta agli operatori, non diamo dei diktat, e siamo aperti più che mai ai loro suggerimenti. Il flusso dopo ferragosto ha subito un calo, ma non c’è stato quel crollo che potevamo attenderci: nell’immediatezza della tragedia le difficoltà ci sono state, ma molti indicatori sono positivi. Nel 2019 faremo diverse iniziative, in collaborazione con l’aeroporto, nelle città europee dove abbiamo dei voli in collegamento con Genova: incontri mirati BtoB con gli operatori, non iniziative generaliste che non funzionano”.

FLUSSO TURISTICO: ARRIVI, PRESENZE 

COMUNICATO SDTAMPA – La Liguria ha sostanzialmente tenuto come flussi turistici in un’annata in cui in tutta Italia c’è stata una flessione e nonostante i problemi straordinari che ha dovuto affrontare. Il calo degli arrivi dal 2017 al 2018 nel periodo dal 1 gennaio al 14 agosto si è registrato solo per gli italiani: 40.931 in meno (-2,27%) Gli arrivi di stranieri nello stesso periodo hanno continuato a crescere: 60.031 in più (4,34). Più consistente la perdita nelle presenze: italiani 250.469 (3.99) in meno,non compensate in questo caso dall’aumento, pur consistente, delle presenze degli stranieri (84.200, il 2,07% in più). Il calo degli italiani si spiega prevalentemente con un giugno meteorologicamente sfavorevole e l’alto numero di allerte meteo nei fine settimana per tutto il periodo.

Inoltre si sono riaperte mete estere che erano chiuse per motivi geopolitici da tempo. Il trend turistico negli ultimi anni, in tutto il mondo, mostra che le vacanze sono sempre più brevi, è una tendenza difficile da invertire, è più utile “scommettere” su un prolungamento della stagione, come è stato fatto con il “patto del lavoro nel turismo”. Ovviamente vacanze più brevi si riflettono sul numero delle presenze totali, e non sugli arrivi, che appunto erano, fino al 14 agosto in crescita anche rispetto al 2017 record. Questo sta a significare che la Liguria resta, anzi è sempre più, una destinazione richiesta, come è evidente dai dati, nonostante il calo registrato dopo il 15 agosto, siamo infatti ancora in linea.

Altro dato molto positivo è l’aumento registrato negli arrivi all’aeroporto di Genova, in forte crescita dopo anni di difficoltà: il 2018 ha registrato un nuovo record, trainato dalle molte nuove rotte. 

I DATI A SETTEMBRE

Gli arrivi di italiani a settembre, mese che ha avuto tempo molto bello, sono addirittura cresciuti rispetto al 2017:17.754, 7,49% in più. Le presenze di italiani sono calate, ma non di molto: -4.470, 0,50% in meno. Il dato più negativo si è registrato sugli stranieri, evidentemente più influenzati dal crollo del ponte: Arrivi :16.654, il 5,53% in meno rispetto al 2017; Presenze: -71.124, -7,78% in meno rispetto al 2017.Il totale, tra italiani e stranieri, è di 1.100 (0,20%) arrivi in più e di  75.594 (-4,17%) presenze in meno.

Il calo del 4,17% complessivo delle presenze per settembre rispetto al calo complessivo del 2,21% per tutto l’anno non è grave, considerata l’emergenza eccezionale. Però ha inciso proprio sugli stranieri, che erano in crescita. Il calo più consistente si è avuto da Germania, Paesi Bassi, Scandinavia, Svizzera. Anche dalla Francia, ma meno di quanto si potesse prevedere. I tedeschi a settembre sono calati del 15%. Saranno necessarie nel 2019 azioni specifiche di promozione su questi mercati.

LE STRUTTURE RICETTIVE- L’incremento di posti letto da fine ottobre 2017 a fine ottobre 2018 è stato complessivamente di 1574, 103 da alberghiero e 1471 da extralberghiero. Aumentati soprattutto affittacamere e case per vacanze: persone che hanno scommesso sul turismo ed hanno o ampliato una struttura già esistente, o deciso di aprire una nuova attività, altro forte segnale che il turismo in Liguria goda di buona salute.

Diversa è la questione degli appartamenti in affitto ad uso turistico oggi ne abbiamo registrati 18.000, con una forte crescita negli ultimi anni, questo dato significa che il contrasto all’abusivismo sta avendo importanti frutti, la strada è giusta, e ci si impegna a far ancora di più. Questi nuovi posti letto non sono però inseriti nel sistema, non vengono quindi rilevati dall’istat,  non influiscono sul dato degli arrivi e delle presenze: non è dunque un fattore che ha “drogato” i dati, come è stato detto. Solo un fatto positivo che siamo riusciti a farli emergere dal nero grazie soprattutto al patto per il turismo. Il contrasto all’abusivismo sta avendo successo e con azioni decise in accordo con gli operatori.

GLI INVESTIMENTI – Con fondo strategico regionale sono stati banditi 3 azioni per le imprese turistiche l’assegnazione di risorse specifiche attraverso fondi di rotazione, per un plafond totale di 7,5 milioni.

6 milioni, con raddoppio bancario salgono a 12 per la riqualificazione delle strutture ricettive alberghiere.

1 milione per l’aria aperta, anche per nuove aperture

500.000 per un bando innovativo, che favorisca aggregazioni tese a creare e valorizzare sul territorio prodotti turistici.

Quanto stanziato non è stato interamente richiesto: verranno pertanto riproposti nuovi bandi nel 2019. A questo si aggiungono 1.500.000 euro destinati ai comuni per progetti infrastrutturali che abbiano interesse turistico.

INTERREG MARITTIMO ITALIA-FRANCIA 2014-2020, REGIONE LIGURIA: 2,3 MILIONI DI EURO DA CINQUE PROGETTI PER LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI E GESTIONE RISCHI IN LIGURIA. ASSESSORE MAI: “GRANDE RISULTATO. INSERITA ANCHE FORMAZIONE DI SECONDO LIVELLO PER VOLONTARI AIB”.

Comunicato stampa – GENOVA. In arrivo 2,3 milioni di euro – su 12 di budget complessivo – per la Liguria da 5 progetti transfrontalieri Interreg Marittimo Italia-Francia 2014-2020 per la prevenzione e gestione congiunta, tra le regioni partner, dei rischi derivanti da incendi. L’obiettivo è attivare azioni strategiche per la lotta agli incendi, sia a fatto compiuto, per arginarne le conseguenze, sia a favore della prevenzione e comunicazione del rischio. Dei cinque progetti a cui la Liguria partecipa,  Medstar è “strategico” (capofila Regione Sardegna) e quattro sono progetti “semplici”: Intermed (capofila Corsica), Medcoopfire (capofila Regione Liguria), Med Foreste (capofila ANCI Toscana) e Med Pss (capofilaRegione PACA). “Abbiamo ottenuto un grande risultato – spiega l’assessore regionale all’Agricoltura Stefano Mai – riuscendo a inserire misure importanti come la formazione di secondo livello per i volontari Aib, che potrebbe andare a rafforzare il sistema a seguito dell’abolizione del Corpo Forestale dello Stato. È stato un grande lavoro di squadra, anche grazie alla collaborazione e coordinamento provinciale del volontariato e di Anci”.

Medstar riguarda le strategie e le misure per la mitigazione del rischio di incendio dell’area Mediterranea. Obiettivo del progetto è migliorare la capacità di prevenzione e gestione del crescente rischio di incendio derivante anche dei cambiamenti climatici, in particolare in aree a elevata presenza antropica (aree di interfaccia urbano rurale, aree costiere ad alta densità turistica) e in aree di rilevante interesse naturalistico. In particolare: tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale minacciato dagli incendi boschivi; riduzione pericolosità e vulnerabilità delle aree naturali e di interfaccia urbano-foresta; miglioramento interventi di previsione, prevenzione e lotta incendi boschivi e di protezione civile strettamente connessi; sensibilizzazione, informazione e coinvolgimento della popolazione e degli stakeholders; formazione scambio di esperienze degli operatori interessati sulla previsione, prevenzione lotta attiva.

Intermed riguarda gli interventi per gestire e ridurre il rischio incendi di interfaccia urbano-rurali e ha come obiettivo migliorare la capacità di prevenzione e gestione del rischio di incendio di interfaccia urbano rurale nell’area di cooperazione. Il progetto si suddivide in quattro filoni: gestione del progetto; comunicazione; cartografia di esposizione al rischio incendi in zona urbana e valutazione della vulnerabilità (identificazione delle cause e conseguenze degli abitati esposti a rischio di interfaccia, cartografia delle zone di interfaccia e sviluppo dei criteri di valutazione del rischio incendi); azioni pilota per la gestione degli incentivi interfaccia (in particolare il territorio ligure individuerà comuni pilota per testare gli interventi di mitigazione del rischio, realizzando investimenti non strutturali per ridurre il rischio incendi, sperimenterà dotazioni strumentali per l’intervento rapido a supporto del comune per gestire al meglio l’emergenza conseguente a incendio di interfaccia, potenzierà il sistema di comunicazione finalizzato alla gestione dell’emergenza connesso allo scenario rischio incendi di interfaccia).

Medcoopfire riguarda la cooperazione mediterranea per la difesa delle foreste dagli incendi. Obiettivo del progetto è di sviluppare forme di collaborazione e sinergia per il monitoraggio del territorio, la prevenzione e lo spegnimento degli incendi boschivi a fronte dei cambiamenti climatici e per la tutela del patrimonio forestale, in quanto mira ad applicare criteri transfrontalieri per la gestione degli interventi di spegnimento, in modo da creare procedure comuni fra le regioni, aventi lo scopo di assicurare, in caso di emergenze transfrontaliere o transregionali, le condizioni affinché i mezzi messi a disposizione siano del tutto compatibili allo spegnimento degli incendi che si dovessero verificare. In particolare: conoscere a livello tecnico dei sistemi operativi dei singoli partner regionali nell’ambito della gestione dell’antincendio boschivo, con l’obiettivo di incrementare procedure operative nei territori dei beneficiari; creazione di procedure operative per consentire l’intervento nell’ambito transfrontaliero dell’attività di spegnimento, massimizzando la sinergia e creando condizioni di maggior sicurezza per lo svolgimento delle operazioni antincendio; sperimentazione del meccanismo unionale come metodo di intervento e come strumento tecnico finalizzato all’attività di spegnimento nell’ambito transfrontaliero; acquisto di mezzi antincendio, attrezzature individuali e di squadra, realizzazione di esercitazioni transfrontaliere e transregionali per testare l’unità operativa Aib, al fine di incrementare la capacità di contrasto agli incendi boschivi nell’area di progetto.

Med Foreste riguarda la gestione degli ecosistemi forestali per la riduzione del rischio incendi boschivi e ha come obiettivo migliorare la capacità delle istituzioni pubbliche di prevenire e gestire il rischio incendi tramite sperimentazione, attuazione e confronto di diversi interventi di prevenzione incendi. In particolare: ottimizzazione dell’efficacia delle diverse strategie transfrontaliere di gestione del combustibile in un’ottica di sostenibilità socio-economica, ambientale e finanziaria, in zone di interfaccia tra bosco e aree rurali o tra bosco e zone a prato-pascolo, definendo gli interventi selvicolturali e territoriali più efficaci nonché la standardizzazione delle loro modalità realizzative, (in particolare nelle seguenti categorie forestali: pinete costiere mediterranee, boscaglie pioniere e di invasione, arbusteti e macchia mediterranea).

Med Pss riguarda lo sviluppo della cultura del rischio incendio e ha come obiettivo sviluppare la cultura del rischio incendi sia nella fase di prevenzione che in quella di allerta ed incendio in atto mediante iniziative rivolte cittadini e in particolar modo in ambito scolastico e agli operatori agroforestali con il coinvolgimento degli enti locali.

Albenga e Pietra: va in scena Orsero family & Carige. Club a delinquere (?) da 127 milioni e 16 indagati. Il difensore: ‘Accuse fantasiose’ E in borsa Orsero vola con ricavi da record

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Due notizie contraddittorie tra sabato e domenica per l’industria leader nazionale nell’import di frutta e verdura: Orsero. La Repubblica, edizione ligure, titolava ‘I conti in nero degli Orsero, 16 indagati…’. Il Secolo XIX ricordava il ‘caso Orsero’: sottratti, tra il 2006 e 2016, 127 milioni’, di cui 91 a Carige. Il Gip ha tuttavia respinto la richiesta di sequestro di somme mentre il difensore sostiene che la truffa è ‘un’ipotesi fantasiosa’ e con il fisco si è proceduto al ‘ravvedimento operoso e dichiarazioni dei redditi integrativa’. Poi la bella notizia, invece, che l’azienda, con sede ad Albenga (gli eredi Orsero abitano a Pietra Ligure, come alcuni indagati), sta volando in borsa con il buon ‘carburante per shopping e investimenti’. L’obiettivo è  superare, nel 2019, il miliardo di € di ricavi. E pensare che i più bastonati erano stati i dipendenti, molti rimasti senza lavoro. Ora clima di fiducia del mercato finanziario e  investitori. Come non rallegrarsene per un’impresa ‘rinata’ e savonese dalle fondamenta.

L’ANNO D’ORO DELL’AIM, BOOM DI RICAVI E CAPITALIZZAZIONI, NEL LISTINO DELLE PIM

LA MAGGIORE E’ LA ‘FRATELLI ORSERO’ CHE HA RIFINANZIATO IL SUO DEBITO

60 MILIONI DI PRESTITO E 30 MILIONI DI EMISSIONE OBBLIGAZIONARIA DECENNALE

Matteo Colombini e Raffaella Orsero

Aim Italia “ è un acceleratore dei progetti di crescita e competitività delle PMI ( Product Information Management), rispondendo agli obiettivi delle società di raccolta di capitale, visibilità, standing e controllo dell’impresa”. Le dichiarazioni di Matteo Colombini, ad (amministratore delegato) e cfo (Chief Financial Officer), dell’Orsero Group, sono all’insegna del migliore ottimismo.  Un gruppo, ricorda il quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 Ore,  che per far fronte alla crisi in pochi anni era ‘dimagrito’, ridimensionato pesantemente. Liberandosi  delle attività non strategiche, dimezzando il fatturato da 1,2 miliardi a 600 milioni  nel 2015.

E’ seguita una costante ripresa  per il leader nazionale  nell’importazione  e distribuzione di frutta e verdura (700 mila tonnellate) in gran parte proveniente dal Sud America. Il ‘carburante’  è stato  l’iniezione di risorse legata alla quotazione  all’Aim, attraverso l’integrazione con la Spac Glenalta Food: 75 milioni  che hanno accelerato la crescita. Osserva Colombini: “ Questo settore è polverizzato in 5 mila operatori e la nostra volontà era anche quella di agire da polo aggregante.  Dalla quotazione avvenuta nel 2017 abbiamo già effettuato  tre operazioni straordinarie e ciò consente  un’ulteriore espansione  e l’idea di continuare a crescere”.

Dopo aver rilevato le quote di tre joint venture,  con ricava balzati a 470 milioni, il prossimo passo è sbarcare  sul segmento Star, operazione già deliberata e che si concretizzerà nel 2019 e senza richiedere nuovi capitali. E  un parterre  più ampio di investitori istituzionali. Colombini aggiunge: “La presenza su un listino  per un gruppo internazionale come il nostro è fondamentale. Abbiamo molti fornitori globali, che con un click sul sito possono vedere in tempo reale tutti i nostri numeri. Le banche ci hanno suggerito  di accelerare sulla ‘blindatura’ del contratto: rimandando ancora, ci hanno spiegato, i tassi sarebbero certamente aumentati“.

LE ACCUSE DEI PM DI GENOVA: 91 MILIONI DA BANCA CARIGE (117 RICICLATI)

SOLDI ALL’ESTERO E NEI PARADISI FISCALI CON TANTO DI SPALLONE MONEGASCO

Tutto iniziò nel luglio 2013. Gli ispettori di Bankitalia, arrivati a Genova per scandagliare Banca Carige, segnalarono quello sportello di Nizza dove le procedure antiriciclaggio erano carta straccia. E dalla filiale della Costa Azzurra dell’istituto di credito genovese sarebbe transitata l’operazione fruttata alla famiglia Orsero – imprenditori savonesi di import di frutta esotica – ben 91 milioni di euro. Un prestito secondo l’accusa mai restituito, con una parte di soldi finiti nelle loro tasche e poi riciclati all’estero attraverso società fantasma, schermate e offshore. Tant’è che la filiale era finita nel mirino della Procura di Genova fin dai giorni in cui era stato arrestato l’ex presidente di Carige Giovanni Berneschi.

Indagando su questo versante, il Nucleo di Polizia Tributaria di Genova guidato dal colonnello Maurizio Cintura ha scoperto che sui conti correnti dei paradisi fiscali monegaschi, lussemburghesi e svizzeri sarebbero finiti altri 127 milioni di euro, somme sparite dalle casse del Gf Group (società quotata in borsa) degli Orsero.

Ed ora quella che la Procura (pm Marcello Maresca e procuratore aggiunto Francesco Pinto) considera una autentica operazione di riciclaggio, appropriazione indebita e di dichiarazione dei redditi fraudolenta (truffa al Fisco), vede indagate 16 persone: l’intera famiglia Orsero, i fratelli Luciano e Gianni, i nipoti (figli di Raffaello, il fondatore del gruppo morto nel 2006 a 69 anni ) Antonio, Raffaella e Anna Chiara, tutti residenti tra Savona e Loano; Maria Grazia Cassanini, vedova di Raffaello; Sara Valle, ex fidanzata di Antonio. Nel fascicolo compaiono gli altri soci: Luigina Casti e suo figlio Pierangelo Ottonello, entrambi di Pietra Ligure; Rosetta Orione di Alassio, Anna Maria Tacchini di Pietra Ligure. Indagati anche: il dirigente del gruppo Daniele Gazzano, il commercialista genovese Fabrizio Cavalli; Alessandro Cavalli, titolare di una società di consulenza con sede nel Principato di Monaco; Francesco De Lorenzo, autista di Antonio Orsero. Infine, il faccendiere Angelo Bonanata, genovese di nascita ma monegasco di adozione. Tutti, a vario titolo, chiamati a rispondere di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e all’appropriazione indebita.

Bonanata sarebbe stato lo “spallone”, colui che avrebbe trasferito i soldi all’estero. Tant’è che la svolta a quell’indagine aperta da quattro anni è arrivata alla vigilia di Natale del 2016. Secondo gli investigatori, quei 91 milioni di euro, frutto dell’operazione finanziaria compiuta dalla famiglia Orsero ai danni di Carige, dovevano essere “lavati”. Perciò gli imprenditori di Savona avrebbero ingaggiato Bonanata per trasferirli dalla banca di Montecarlo ad un istituto di credi- to elvetico. Gli investigatori, che dal momento in cui è scoppiato lo scandalo Carige-Berneschi non hanno mai distolto le attenzioni su questa vicenda, hanno colto il faccendiere mentre stava per lasciare l’Italia e riparare a Saint Moritz: lo hanno fermato – temendo il pericolo di fuga – con un decreto firmato dal pm Silvio Franz (in quella data in organico alla Procura di Genova, ma da un paio d’anni in servizio all’Eurojus dell’Aja). Provvedimento poi confermato in arresto da parte del gip di Como.

Per l’avvocato Cesare Manzitti che difende gli Orsero, la truffa ai danni di Carige “è un’ipotesi fantasiosa” e il legale assicura che la famiglia sta finendo di pagare il debito con la banca. Sullo svuotamento del Gf Group per l’ammontare di 127 milioni di euro finiti all’estero, assicura che la società “ha fatto un ravvedimento operoso, la dichiarazione dei redditi integrativa”. Tanto che il gip Cinzia Perroni il 29 giugno scorso ha respinto la richiesta di sequestro preventivo per equivalente, ritenendo errato il calcolo dell’ammontare delle somme.

Giuseppe Filetto –  La Repubblica

E ARTICOLO SULL’EDIZIONE DI GENOVA DEL SECOLO XIX

 

Lo ‘Sportivo’ si trasformò in ‘Savonese dell’anno’. Premiati: Fabio Fazio, Costantini, Magnano, Renzo Mantero, Salino, Speranza Con la regia e l’humor di Nanni De Marco

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Sono trascorsi ‘solo’ 33 anni. I giovani non erano ancora nati. Cosa possono sapere, conoscere, dello ‘Sportivo’ trasformato in ‘Savonese dell’anno’ ? Era la manifestazione più seguita dai lettori (e non) organizzata dal Secolo XIX – Savona ed ideata da un collaboratore di lunga data, Nanni De Marco, il pubblicità del comprensorio di Savona più conosciuto (all’epoca) con il fotoreporter Salvatore Gallo. Era il Capodanno 1985. Nella pagina di Savona Sport l’annuncio: “Diciassette anni, ovvero quasi maggiorenne. E lo ‘Sportivo’? si trasforma e diventa ‘Savonese dell’anno”, strizzando l’occhio nelle sue scelte, anche a personaggi, iniziative anche al di fuori del mondo dello sport. ..Ecco venir fuori  quasi spontaneo il nome del primo premiato di questa serie, il prof. Renzo Mantero, primario  di chirurgia della mano del San Paolo. Gli altri illustri ‘Savonese dell’anno’: Lelio Speranza, Eliseo Salino, Michele Costantini, Fazio Fazio, 20 anni, “approdato in grande stile alla Rai -Tv “.

Fabio Fazio, cellese, una gioventù e studi a Savona.  Il suo primo spettacolo, con successo, “Loretta Goggi in quis” in onda il giovedì. “Ha bruciato le tappe – scrivevano sul Secolo XIX, in occasione del premio- De Marco e Nanni Basso che poi sarà a capo della redazione di Savona e caposervizio dello Sport alla redazione centrale. A lui il premio non va come sportivo  ma per quella popolarità che si è conquistato a tempo di record”.

Michele Costantini, da pensionato memoria storica e collaboratore a La Stampa edizione di Savona. Era vice comandente dei vigili del fuoco, premiato “per il suo impegno sociale”. Al di là del suo impegno istituzionale che “lo hanno visto e lo vedono in primi linea in occasione di disastri e calamità (un dato per tutti la missione dei pompieri savonesi in occasione dei terremoti in Friuli ed Irpinia)  e fortemente impegnato a dare vita  strutture di protezione civile ed il suo tenace e costante impegno per la salvaguardia dei bosci”. Non solo, “per dieci anni ha fatto scuola  insegnando in cattedra a tanti studenti come si fa a proteggere  dagli incendi l’amico bosco”.

Tra i premiati il podio, ovviamente a  Renzo Mantero di cui certamente anche le giovani generazioni hanno sentito parlare. Si ricordava che hanno fatto il giro del mondo  le foto e le notizie  degli interventi chirurgici alla schermitrice Dorina Vaccaroni; il velista di ‘Azzrra’ Paolo Rocca  e ai mille casi  ‘sconosciuti’. Discorso analogo quanto a notorietà ancora più recente per Lelio Speranza. Un premio, si ricordava,  che coinvolge direttamente , ad esempio, campioni olimpionici savonesi a Los Angeles: Pisano, Puiia, Lagrotteria, Sommariva, a loro volta più volti premiati con lo Sportivo dell’anno.

Eliseo Salino, personaggio caratteristico, ceramista e bozzettista  di prestigio, sempre affascinato dallo sport. Molte sue opere, ricordavano gli autori dell’articolo derl Secolo XIX,  tradiscono  u na fede che, per il ciclismo in particolare, diventa quasi venerazione.

Mario Magnano, ingegnere e il Centro di medicina dello sport di Vado Ligure.  Simbolo dell’efficienza , della professionalità e delle capacità del privato. Lo dirige Magnano  che racchiude in se  queste caratteristiche.  che fa inoltre parte – si ricordava – quale responsabile,  del servizio impianti sportivi (Sis) del Coni. E una nota dei redattori: ” E’ quasi una sfida in questp campo  a tutto ciò che le strutture pubbliche dovrebbero fare  e non fanno per le visite mediche e la salute degli sportivi”.

La pagina che riproduciamo ci ricorda l’Albo d’oro dello ‘Sportivo’. La prima edizione  (1968) con  la premiazione di  Italo Ghizzardi, calcio), l’anno dopo toccò alle stesso Nanni De Marco (sport minori), quindi a Settimio Pagnini (basket),  Giovanni Marchi (pallavolo),  Mario Briano (Calcio),  Stefano Patri (Ciclismo ),  Vittorio Panucci (calcio), Fabio Moscino (tennis),  Giovanni Selis (nuoto), Delbono, Musso, Pierluca (ciclismo), Sabatino De Filippo (pugilato),  Giuseppe Lagrotteria (pesistica), Mauro Pregliasco (rally), Andrea Pisano (pallanuoto), Fratellanza Ginnastica Savonese,  Rari Nantes Delmonte.

Poi  il premio riconoscimento ‘Fischietto d’oro’ agli arbitri, con esordio nel 1961. Il concorso fotografico, dal 1976. E nel 1985 si festeggiava anche il centenario  del Club Alpino Italiano e della società Tiro a segno di Savona.

Savona ieri, 33 anni fa, con una comunità che sapeva valorizzare la meritocrazia, con il suo quotidiano che primeggiava nelle vendite e ‘specchio’ di quella realtà, portavoce delle istanze che ‘venivano dal basso’ si suole dire, perchè gli articoli scaturivano dal contatto diretto ed umano con i cittadini, con le loro esigenze, le loro critiche, ma anche l’orgoglio di appartenere ad una società viva, che amava, rispettava, invidiava, faceva buon uso dell’esempio dei suoi figli migliori. C’era una gara, insomma, ad esaltare le eccellenze umane. E oggi, dove siamo arrivati ? Cosa è rimasto di quell’eredità ? All’archivio di trucioli.it non resta che testimoniare, magari nel disinteresse dei più. Avvolti e permeati dalla grande discarica dei social, iniziando da Facebook.

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