Il primo a parlarne, già qualche anno fa, durante un pranzo in occasione della festa patronale, era stato un ex assessore imperiese della Regione Liguria: “Quello scandalo sulla strada, di letame, baracche, teloni, rifiuti è un pugno nello stomaco, perché non intervenite ? “ Come accade spesso nel Bel Paese, tutto è rimasto come prima. Anzi. Una troupe inglese che in passato aveva già fatto riprese tra i paesi dell’Alta Valle Arroscia, è tornata nei mesi scorsi e questa volta ha ‘scoperto’ l’impresentabile. Diciamo subito che non è il caso di puntare l’indice contro il pastore protagonista involontario dello spettacolo. Sono gli amministratori provinciali, comunali, gli attivissimi componenti della Pro Loco che dovrebbero farsi promotori di un’opera di sensibilizzazione al decoro, all’igiene, al bon ton.
Il piccolo insediamento pastorizio si trova quasi sui confini tra Cosio d’Arroscia e Mendatica, lungo la strada provinciale di mezza costa che unisce i due paesi. Lungo un percorso sui cui sorgono il cartello “Benvenuti a Casio D’Arroscia”; “Benvenuti a Mendatica”. Una strada assai frequentata, in particolare dalla comunità tedesca che ha comprato casa sia nella zona di Ormea, sia nella bassa valle Arroscia. Impossibile non essere attratti o se volete distratti dallo scenario certamente insolito per chi non ha dimestichezza dei luoghi. Lasciamo la parola alle immagini che descrivono meglio di qualsiasi parola lo ‘spettacolo’ che hanno trovato i colleghi giornalisti inglesi, impegnati in un tour in diverse zone della Liguria e della Costa Azzurra. I servizi, secondo consuetudine, saranno elaborati ceduti alle televisioni europee.
Cosio e Mendatica, due realtà montanare molte attive e presenti sul fronte della promozione locale e regionale. Con la fortuna di aver coagulato, negli anni, sindaci, assessori, consiglieri comunali, ricchi di entusiasmo, tanta buona volontà, spirito di iniziativa, dedizione ed amore al paese che ha dato i natali. Devono recuperare ciò che in parte si è perso per tante ragioni ed altrettante responsabilità. E’ il caso di ripetere che la Liguria dei monti, delle Alpi del Mare, non ha ricevuto le stesse attenzione, o meglio scelte della politica, che si riscontrano in Alto Adige, parzialmente in Val d’Aosta, oppure nelle confinanti aree della Costa Azzurra, della Provenza, dei Pirenei. Qui lo stato centrale e gli organismi periferici hanno imposto priorità alla salvaguardia ed allo sviluppo economico, di conseguenza turistico, delle aree montane più disagiate, dunque più bisognose di investimenti pubblici che di pari passo hanno favorito, invogliato, quelli privati.
L’Alto Adige del quale il cittadino comune italiano sa molto poco anche per il disinteresse dei mezzi di comunicazione di massa, è diventato una vera e propria perla di benessere diffuso. La Provincia autonoma di Bolzano da almeno 30 anni privilegia, nei suoi bilanci, nei piani poliennali, incentivi e aiuti, a fondo perso ed in conto capitale, per le aziende agricole e la pastorizia, per le baite agro-turistiche, le infrastrutture primarie e secondarie, dalle strade, agli acquedotti, alle seggiovie, cabinovie. Con un turismo straniero in costante crescita, attratto dal fiorente sistema ricettivo e dalla possibilità escursionista della rete di sentieri.
Le nostre Alpi, le nostre vallate sono ancora più privilegiate da madre natura; basti pensare alla vicinanza del mare, ai percorsi mozzafiato, al bassa percentuale di presenze che li rende un piccolo paradiso terrestre in quanto a tranquillità e relax. Il nodo resta quello dei collegamenti viari, con strade spesso ‘strette’ e tortuose. Non incoraggiano e non incentivano il turismo. Gli interventi assistenziali profusi dall’avvento delle Regioni, almeno nel nostro entroterra montan0, non ha dato risultati, i frutti. Ci troviamo di fronte, non solo in provincia di Imperia, a paesi afflitti da anni di desertificazione. Per mancanza di attività produttive, nel particolare è crollata la calamita di Monesi ed hanno continuato ad illudere, la raccontare lo storia del lupo. Pensiamo al destino della seggiovia, una uguale identica a quella che era stata dismessa, era la più lunga d’Italia e motivo di grande attrazione anni ’60 e ’70, si trova ancora in funzione in Alto Adige; era la gemella di Monesi. Da noi, non si capisce bene ad opera di chi (pare gli uffici territoriali del ministero dei Trasporti del Piemonte) era stato sancito che non aveva più i requisiti di sicurezza. Dopo anni, si è realizzata la nuova seggiovia, ridotta, ma solerti funzionari della Regione Liguria hanno scoperto che non poteva più essere messa in funzione d’estate per proteggere la nidificazione di un paio di volatili rari. Una follia sociale consumata a quanto pare anche per negligenza della Provincia di Imperia, di chi si è alternato alla guida e l’ha amministrata.
L’entroterra montano continuerà la sua agonia fino a quando non sarà decisa la priorità assoluta come ha promesso per la prima volta nella storia della Liguria, l’assessore Raffaella Paita, una dei pretendenti a succedere a Claudio Burlando nel 2015. E’ un implicito riconoscimento al divario e alle ingiustizie che ha penalizzato fino ad oggi la montagna, i suoi abitanti, la sua economia. Non è possibile che sulla costa e nell’immediato entroterra si continui a cementificare, i comuni ad incassare milioni di euro in ogni di urbanizzazione, spesi in mille rivoli spesso superflui (come la gara a chi fa i fuochi d’artificio più spettacolari, a caro prezzo), mentre non c’è alcun intervento legislativo per invogliare gli investitori all’alternativa della montagna o di piccoli paesi a valle.
Da qualche anno la montagna ponentina sta correndo un altro rischio, creare del fumo e molto arrosto, puntando sulla folla che accorre a quel paio di eventi che ogni paese organizza nella stagione estiva. Il pericolo dell’illusionismo di massa che può far perdere di vista gli aspetti fondamentali, le urgenze di cui invece si ha bisogno. Abbiamo accennato alla rete viaria, agli strumenti urbanistici per dire basta al nuovo cemento sulla costa più immobiliare d’Italia, e favorire la riqualificazione urbana dei borghi montani. Migliorare complessivamente la qualità dei servizi e della vita per attrarre giovani coppie, dare opportunità che si creino occasioni di posti di lavoro, insediamenti produttivi. Gli eventi culinari non potranno mai diventare strumenti di propulsione e pianificazione economica. Sono occasioni di promozione, e perché no, di coesione sociale tra le comunità locali, ma quando mancano le materie prime per un turismo degno di questo nome e un inganno: parliamo di alberghi, strutture ricettive. Cosio è uno degli esempi lampanti. Le strutture sono state dismesse o non se ne sono create di nuove perchè non bastano i pochi mesi estivi, i pranzi della domenica. Sono in funzione un ottimo ristorante part time ed un agriturismo.
I politici imperiesi continuano a fare ‘passerelle’ durante le manifestazioni, le feste, le sagre, con gran belle parole che peraltro, chi ha i capelli bianchi, ascolta da qualche decennio già dai loro predecessori. Serve una svolta a 360 gradi e agli impegni devono seguire i fatti.
L’aria buona, i sapori, i profumi, i prodotti tipici, la collaborazione tra i paesi, la storia di un’economia agricola, delle vivibilità montana, delle bellezze da scoprire, l’invito a venire in villeggiatura, la promozione territoriale, il paese museo, la concretezza di vita contadina, la semplicità, la conservazione dei valori, pronunciati davanti alla telecamera della sempre presente Imperia TV , sono ottime parole, in parte luoghi comuni. Il mon amour deve trasformarsi in provvedimenti di pianificazione e di riscatto a medio e lungo termine. La Riviera, le città hanno già avuto tanto, troppo e di più; hanno anche sprecato e distrutto ciò che madre natura ha donato e ci è stato tramandato dagli avi. Il grande malato resta l’entroterra. L’aspirina e le carezze non sono la soluzione. Basta inganni.
L.C.