Il Puc (piano urbanistico comunale) di Albenga è costato fino ad oggi 700 mila € senza essere adottato. Il 2 ottobre scadono i termini per le osservazioni. L’iter era iniziato nel 2007 con la giunta del sindaco Antonello Tabbò. La redazione affidata all’architetto Ugo Baldini (deceduto nel gennaio scorso), nato a Garessio nel 1946, presidente di una cooperativa di professionisti di Reggio Emilia e al collega di studio Giampiero Lupatelli, economista, esperto di pianificazione territoriale. Un Puc fuori tempo massimo, superato. Che non tiene conto del calo demografico. Prevede 1500- 2000 nuove unità abitative da 100 mq ? E con altre 800 abitazioni da completare, in progetto, nel vecchio piano regolatore.
Dal curriculum vitae si può leggere che Ugo Baldini, nel 1997, è stato consulente della Regione Liguria per la redazione del Piano Territoriale Regionale. Ha curato anche la redazione del Piano Territoriale della Provincia di Savona e il Piano Territoriale di Coordinamento delle Aree Agricole per la Provincia di Imperia ed il Piano di Sviluppo socio – economico della Provincia di La Spezia. Portano il suo nome i Puc di Albenga, Taggia, Ortovero. Emerge che per il Comune di Albenga “ha curato l’elaborazione della Valutazione Ambientale Strategica del Puc, del Gis della Carta dei Vincoli del Puc e della Proposta di specificazione settoriale al Piano della Costa Regionale relativamente alla individuazione del nuovo porto turistico”. Il collega di studio dr. Lupatelli ha, a sua volta, condiviso con Baldini la responsabilità di progettazione e coordinamento nella formazione dei Piani Territoriali di aree agricole del Ponente Ligure (provincia di Imperia). Lupatelli resta di fatto il tecnico, l’esperto ‘traghettatore’ e timoniere dello strumento di gestione del territorio da cui dipende il futuro di Albenga, la gestione delle attività di trasformazione urbana e territoriale.
Come accade nell’adozione di ogni strumento urbanistico anche Albenga si è mobilitata e divampano le polemiche. Si è interrogata in ordine sparso, tra contrapposizioni. Si sono susseguiti incontri organizzati dai comitati. Si è fatto ricorso alle consulenze gratuite della minoranza del centro destra. Ai presidi del Movimento 5 Stelle con banchetti per informare i cittadini. Si è persino enfatizzato, con tanto di manifesti, la ‘cancellazione’ dello stadio di calcio Riva e della zona sportiva per far posto ad un residence. Con la previsione, dicono i pentastellati, di trasferire gli impianti a Lusignano. Sono i grillini ed il comitato territoriale presieduto dall’attivista di lungo corso Franco Stalla a denunciare all’opinione pubblica una disastrosa colata di cemento che incombe, minaccia le zone agricole. Il grido d’allarme: ‘un disastro annunciato’.
Il sindaco Giorgio Cangiano è intervenuto per ribadire che “Lo stadio resta al suo posto e stessa cosa per il bocciodromo. E chi realizzerà il residence, previsto dal Puc in quella zona, dovrà ristrutturare e ricostruire gli impianti sportivi ex novo. L’attuale zona sportiva resterà tale, mentre a Lusignano è prevista la riqualificazione del campo da calcio, non in sostituzione dello stadio Riva”.
Tra le organizzazione agricole più impegnate nell’opera di sensibilizzazione c’è Confagricoltura con il neo presidente Luca De Michelis, il vice presidente Davide Michelini, il vice presidente vicario Luca Benedusi, il direttore Michele Introina. Hanno diffuso un robusto dossier. Nulla di preconcetto pare di capire, ma l’esigenza di una corretta informazione e della tutela delle attività agricole. Il motivo di allarme ? Confagricoltura, contesta alla base, nella sua totalità, i calcoli che determinano la manovra insediativa, “che sta in piedi solo se si prevede la costruzione di moltissime seconde case, delle quali la collettività ed il mondo rurale non ha nessun bisogno”.
Le previsioni edificatorie con le nuove esigenze demografiche.
Le previsioni di crescita del nuovo PUC sono di un aumento stimato al 2023 da un minimo di 761 unità e un massimo di 1839, ma la cosa che stride è che la città futura sarà la “città dei single” come da previsioni dell’urbanista, dato che il numero dei nuclei famigliari potrà crescere di 2034 unità. Quindi scaturisce il fabbisogno di nuove abitazioni in 138.000 metri quadrati tra distretti e vari ampliamenti a cui vanno aggiunti altri 60.000 metri quadri di vari diritti edificatori derivanti dai parchi urbani e archeologici.
Il tutto per un carico insediativo che, non tiene conto se non marginalmente di centinaia di appartamenti costruiti o autorizzati e mai realizzati o mai terminati, presenti sul territorio e potremmo tradurlo con uno spot: 4000 nuovi appartamenti per 10000 nuovi insediati.
La situazione demografica, ad oggi, risulta in controtendenza dato il calo di popolazione ad Albenga dal 2010 al 2015 di oltre 150 unità.
Ecco alcuni dati :
Dal 2011 al 2015, 39 nati in meno e 120 morti in più, rispetto al quinquennio precedente.
Dal 2011 al 2015 la popolazione di Albenga 11.074 sceso a 11.012 ovvero 62 famiglie in meno.
SA : superfice abitativa effettiva
100 mq di SA corrispondono a circa 115-120 mq di effettiva occupazione di suolo.
Dal 2006 al 2010 + 854 immigrati residenti
Dal 2011 al 2015 + 599 immigrati residenti
La manovra edificatoria è prevista, per la stragrande maggioranza, su terreni agricoli attualmente di proprietà di famiglie di agricoltori e condotti da imprenditori che fanno dell’agricoltura ingauna un distretto di produzione riconosciuto in Italia e in Europa. Come può un piano urbanistico che prevede lo sviluppo di un comprensorio e delle attività economiche che insistono su quei territori, non considerare il settore agricolo come prioritario, da tutelare in ogni modo, soprattutto evitando nuove edificazioni ad uso abitativo, che ne cambino la vocazione agricola originaria. Non si capisce perchè a fronte di una tendenza abitativa praticamente nulla, si prevedano ulteriori varianti e destinazioni urbanistiche a scopo edificatorio.
La riduzione della superfice agricola utilizzabile, in assenza di un reale fabbisogno abitativo rappresenta un grande limite allo sviluppo dell’ imprenditoria rurale, nonché un’ operazione sbagliata anche dal punto di vista ambientale.
Le aziende agricole ingaune sono impegnate sempre più a rispettare precisi impegni ambientali, come viene imposto dalle direttive comunitarie, dai piani di sviluppo rurale, dalle certificazioni richieste dai mercati del nord europa e dagli stessi consumatori ed acquirenti delle produzioni agricole, nonché dai cittadini albenganesi che con l’ imprenditoria rurale devono convivere.
Questo impegno quotidiano delle aziende sul ” greening” ed in generale sulle politiche di riduzione dell’ impatto ambientale, ovvero :
- Riduzione nell’ uso di antiparassitari chimici e sviluppo di metodi di lotta alle patologie parassitarie con altri mezzi, in primis lotta integrata e biologica
- Riduzione nell’ uso di diserbanti chimici che potrebbero lasciare residuo in terreno od in falda
- Razionalizzazione nelle concimazioni nitriche e fosfatiche in modo da evitare o ridurre al minimo il pericolo di accumulo di nitrati e fosfati in falda, come tristemente già avvenuto in passato, prediligendo concimi solidi, a lenta cessione, o con distribuzione localizzata
- Contenimento dei volumi d’ acqua impiegati privilegiando impianti di irrigazione localizzata ( a goccia, a capillari, ale gocciolanti, flusso e riflusso, sub-irrigazione )
- Automazione di buona parte dei processi colturali facendo uso di apparecchiature elettriche, quindi ad emissioni zero ( invasatrici, nastri trasportatori, tagliatrici ecc.. ) con notevole riduzione di utilizzo dei vecchi trattori più inquinanti
- Grande sviluppo di impianti di riscaldamento a biomassa per le serre, in grado di garantire produzioni di eccellenza, ovvero le colture da serra calda, facendo risparmiare ogni anno centinaia di migliaia di TEP ( tonnellate equivalenti di petrolio ), ad emissioni bassissime, in virtù delle leggi comunitarie.
-
Allestimento su impianti serricoli, magazzini rurali, strutture aziendali di impianti fotovoltaici per produrre energia pulita, da utilizzare nei cicli produttivi aziendali
Vorremmo, come Confagricoltura, organizzazione di produttori, che su queste tematiche è da sempre all’ avanguardia, che le scelte dell’ amministrazione su urbanistica, uso del territorio e impatto degli insediamenti non agricoli fossero in linea con gli sforzi che le nostre aziende stanno perpetrando in tal senso.
Come si può notare esaminando le ortofoto recenti (aprile 2016) basta confrontare le aree edificabili previste per rendersi conto quanto impattante sarà il piano sull’agricoltura e sulle sue imprese.
Facendo una stima, le imprese agricole che verrebbero in qualche modo condannate alla chiusura o comunque, alle quali verrebbe pregiudicata ogni possibilità di sviluppo ed innovazione tra nuove zone edificabili e infrastrutture varie, compreso il discutibile e, speriamo rivedibile obsoleto progetto di spostamento a monte della ferrovia, potrebbe arrivare oltre le 200 unità su una totalità di 1000. Tenendo in considerazione il fatto che già nel precedente PRG, tuttora in vigore vi era uno sviluppo edilizio, ovvero una manovra insediativa, sproporzionata rispetto alle reali capacità di crescita demografica: basti pensare che ad oggi risultano ( dati contenuti nel PUC, nella procedura di assoggettazione a VAS) circa 800 unità abitative in progetto, costruzione o cantierabili. Cifra che nella realtà ( mancando un censimento preciso, visto che nello stesso PUC scendono a 400 in un altro capitolo ) considerando anche le abitazione ultimate ma ancora vuote, alcune ormai da anni, possono salire ben oltre le 1.200 unità abitative, arrivando anche a 1.500. Facendo un calcolo, in base a nuclei familiari di 3 persone, la manovra edificatoria prevista nello scorso PRG e, solo in parte attuata potrebbe coprire le esigenze abitative di circa 4.000 nuovi residenti, ovvero la popolazione che secondo le previsioni più ottimistiche potrebbe avere Albenga fra 20-25 anni. Considerando il trend europeo a 20-30 anni di riduzione demografica.
In conclusione Confagricoltura, contesta alla base, nella sua totalità i calcoli che determinano la manovra insediativa, che sta in piedi solo se si prevede la costruzione di moltissime seconde case, delle quali la collettività ed il mondo rurale non ha nessun bisogno.
Altro problema è la tavola sulle criticità la quale identifica le zone impermeabilizzate della piana e si nota come il progettista individua i teli di pacciamatura (si tratta di un tessuto in plastica nera utilizzato per le colture in vaso in pieno campo al fine di contenere le infestanti, ma che mantiene un alto potere drenate grazie alla sua tessitura e al sottofondo solitamente costituito da ghiaia) come elementi impermeabilità. Cosa assolutamente non corretta, e che obbligherebbe le aziende agricole ad un dimensionamento dei canali di scolo sproporzionato, frutto di calcoli idraulici sfalsati da questa classificazione.
Ogni progetto presentato all’Amministrazione deve essere conforme alle indicazioni di Piano e non viceversa. Se questa strada non viene percorsa il PUC e le funzioni che la L.R. gli attribuisce non hanno più senso.
Per una maggiore comprensione si ricorda il documento congiunto redatto da Regione Liguria e Soprintendenza “ Per l’interpretazione e l’applicazione delle norme del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico.” Dall’analisi di questo documento si riscontra chiaramente come il PUC abbia disatteso le prescrizioni del PTCP progettando un Piano assolutamente non sostenibile.
La problematica della tutela delle risorse idriche
Si desidera inoltre fornire agli amministratori ed ai tecnici incaricati, alcune note in merito relative alla corretta gestione del territorio comunale che il piano soprannominato andrà a gestire. La problematica dell’acqua, è discussa oramai a livello planetario. L’acqua è una risorsa limitata, le falde idriche sono sempre più profonde e inquinate. Non è inutile ricordare che è l’unica fonte di vita. E’ indispensabile rendere stagni gli interrati degli edifici di nuova costruzione siti in falda freatica per evitare di deteriorare ulteriormente e definitivamente l’ecosistema.
Si rammenta che per quanto riguarda gli interrati esistenti, ove emungono abusivamente, non rispettando la legge sulle acque pubbliche n°1775 del 11 dicembre 1933, si ipotizza il reato di furto d’acqua allo Stato. E’ quindi necessario studiare un sistema di recupero delle acque emunte per poterle riutilizzare.
E’ necessario inoltre che nel P.U.C. vengano studiate le reali necessità di utilizzo delle acque potabili finalizzate a nuove espansioni edificatorie future al fine di valutarne la quantità e confrontarle con la disponibilità.
Un’altra delle osservazioni è che a tutt’oggi le nuove costruzioni sono rivolte prevalentemente al mercato delle seconde case, questo provoca un consumo di territorio, una diminuzione delle aree agricole e quindi del lavoro per il futuro e soprattutto il completo degrado e distruzione dell’ambiente.
Fondamentale è il verde ad uso pubblico, desidereremmo vi fosse una proporzione adeguata alla vivibilità umana tra il verde pubblico e la cementificazione, almeno del 50%.
E’ evidente che la conversione di aree agricole o ex agricole ad aree con destinazione d’uso residenziale o artigianale/commerciale non può che determinare una riduzione della risorsa “suolo” e con conseguente diminuzione della percentuale di territorio comunale a carattere “naturale” o “seminaturale”. Per quanto riguarda gli impatti sulle acque sotterranee anche in questo caso non vengono valutate nel dettaglio le ripercussioni che la nuova urbanizzazione avrà sul sistema.
È indiscutibile che soprattutto per le aree più prossime al fiume Centa si presume una circolazione idrica sottosuperficiale strettamente connessa con il talweg del fiume. E’ quindi ipotizzabile un’interferenza tra la circolazione delle acque sotterranee ed eventuali volumi interrati a servizio degli insediamenti.
A fronte di proposte di nuove perimetrazioni di aree edificate, si rende opportuno mantenere il più possibile la naturalità delle dinamiche fluviali , per quelle aree che rischiano, a colpi di varianti urbanistiche, artificializzazioni mediante realizzazione di insediamenti a fini residenziali e produttivi, evitando:
- gli interventi di artificializzazione delle sponde
- la totale riduzione per trasformazione delle superfici occupate dai sistemi agricoli in aree destinate alla edificazione o alla realizzazione di strutture urbanistiche;
- incrementare interventi di ricucitura delle reti costituite da filari di alberi, siepi e canneti.
- accordi per la promozione del mantenimento di pratiche rurali tradizionali nelle zone impervie collinari e montuose, spesso erroneamente classificate come superfice boscata.
Se sono presenti aree terrazzate, ricoperte di rovi, abbandonate da anni, sarebbe opportuno con adeguate misure di sostegno recuperarle all’uso agricolo, classificandole come tali, non come aree boscate, che effettivamente non sono.
In merito alle modifiche del PTCP, ed ai Distretti di Trasformazione si ritiene osservare quanto segue: Esaminando il file denominato “I.2.1_PUC e varianti al PTCP” , si osserva ne dettaglio:
Campolau: PROPOSTA DI VARIANTE 3 AL PTCP
Ambiti del PUC interessati: Ambito del PTCP Assetto Insediativo
Distretto di Trasformazione VD1 Attuale Proposta variante
Da IS MA a ID-MO-A
Superficie interessata: 100.000 mq circa
Le trasformazioni insediative previste interessano un’area periurbana, situata a Vadino, con usi presenti di carattere residenziale e agricolo, interclusa tra la via Aurelia (ex-SS.1), la sponda destra del fiume Centa (strada vicinale Molino), il PEEP in regione Campolau e la viabilità pedecollinare (via San Calocero).
Come si legge nella relativa scheda:
Le funzioni prevalenti, all’interno del distretto, sono di carattere residenziale e connesse alla produzione agricola.
Il distretto VD 1 è situato in destra idrografica del fiume Centa e la vicinanza del fiume ne determina il rischio di inondazione.
Il distretto si caratterizza per un livello medio di impermeabilizzazione dei suoli, generato sia dal sistema insediativo urbano che dal sistema produttivo serricolo.
Nelle aree rurali non insediate è prevalente la presenza di vivai, colture orticole in pieno campo, in serra o sotto plastica.
Analisi paesistico-culturale
Il distretto non presenta elementi paesistico-culturali, pur tuttavia avendo, a nord forti connessioni visive con il profilo della città storica di Albenga, ed a sud con il fronte della collina Del Monte ed il sistema paesistico della strada romana Julia Augusta.
polarità esterne al distretto:
Parco archeologico della collina
Via Julia Augusta
Scavi archeologici del fiume Centa
Centro storico di Albenga
Considerato che tra gli obiettivi sono previste nuove unità insediative:
Integrare il peso insediativo aggiuntivo con il sistema degli spazi pubblici aperti;
- Garantire l’integrazione del sistema insediativo residenziale a media densità (PEEP Campolau) con i nuovi sistemi insediativi…
Osservazioni.
L’area si presenta in buona parte agricola con alcuni edifici sparsi e serre, nonché campi coltivati.
Tale previsione di variante contrasta con il regime di MANTENIMENTO dello stesso P.T.C.P. in quanto:
- Le previsioni ricadono in zona qualificata dal P.T.C.P. regionale come IS.MA, ed è quindi sottoposte al regime insediativo di Mantenimento.
Secondo quanto stabilito dall’art. 49, comma 1, del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, Tale regime si applica nei casi in cui si riconosce l’esistenza di un equilibrato rapporto tra l’insediamento e l’ambiente naturale o agricolo e nei quali si ritiene peraltro compatibile con la tutela dei valori paesistico-ambientaii, o addirittura funzionale ad essa, un incremento della consistenza insediativa o della dotazione di attrezzature ed impianti, sempreché questo non ecceda i limiti di un insediamento sparso.
Effettivamente le aree in oggetto si collocano in posizioni che presentano determinati caratteri di insediamento sparso in area agricola.
Rammentiamo che Secondo quanto stabilito dall’art. 49, comma 2, del Piano Territoriale di
Coordinamento Paesistico
L’obiettivo della disciplina è quello di mantenere le caratteristiche insediative della zona, con particolare riguardo ad eventuali ricorrenze significative nella tipologia e nella ubicazione degli edifici rispetto alla morfologia del terreno.
Mente il comma 3 recita: ….. Sono pertanto consentiti quegli interventi di nuova edificazione e sugli edifici esistenti, nonché di adeguamento della dotazione di infrastrutture, attrezzature e impianti che il territorio consente nel rispetto delle forme insediative attuali e sempre che non implichino né richiedano la realizzazione di una rete infrastrutturale e tecnologica omogeneamente diffusa.
Rammentiamo che la normativa vigente L.R. 4 settembre 1997, n. 36.
Legge urbanistica regionale. All’art. 29. (Distretti di trasformazione) prevede quanto: “Costituiscono distretti di trasformazione le parti di territorio comunale, anche tra loro non contigue, purché funzionalmente connesse, per le quali il PUC prevede una trasformazione urbanistica che comporta un sistema complesso di interventi destinati ad innovare in modo sostanziale l’assetto fisico e funzionale del distretto ed aventi quale esito l’incremento non marginale del carico insediativo o la sua sostanziale modificazione qualitativa“.
Proposta di modifica al PTCP da IS-MA a ID-MO-A
Art. 46 lnsediamenti Diffusi
Regime normativo di MODIFICABILITA di tipo A (ID-MO-A)
1. Tale regime si applica nei casi in cui l’insediamento presenti aspetti di forte eterogeneità e disorganizzazione, tali che nello stesso non siano riconoscibili né caratteri prevalenti, né uno schema organizzativo cui attenersi.
2. L’obiettivo della disciplina è quello di assicurare, mediante la definizione di nuove regole, lo sviluppo dell’insediamento verso un assetto maggiormente ordinato e confacente sotto il profilo paesistico-ambientale.
3. Gli interventi di urbanizzazione e di nuova edificazione o comunque incidenti in misura rilevante sull’assetto della zona devono pertanto essere riferiti a regole e schemi di organizzazione e riqualificazione ambientale dell’insediamento o di parti significative di esso, da definirsi mediante
Studio Organico d’Insieme, ferma restando la conferma dei suo carattere diffuso.
Come si può notare nell’ortofoto dello stato attuale (aprile 2016) l’area presenta determinati caratteri di insediamento sparso in area agricola assolutamente non confacenti con il regime proposto Ciò in conformità con il regime di mantenimento imposto dall’Art. 49 delle norme del PTCP.
Considerato che la proposta permetterebbe ulteriori edificazioni in un contesto urbano di utilizzo del suolo già notevolmente compromesso;
RICHIESTA
A tal riguardo ai fini di evitare un eccessivo consumo di suolo agricolo ed inedificato, si chiede che la previsione venga “cancellata” mantenendo il regime IS-MA.
Art. 2.8 – Ambiti di riqualificazione dei centri frazionali
Carico insediativo aggiuntivo
.. il PUC stabilisce un possibile incremento del carico insediativo previsto entro i seguenti limiti:
Leca-Bastia: 3.960 mq di SA Campochiesa: 3.345 mq di SA San Giorgio: 2.500 mq di SA
Osservazioni
Come già osservato la capacità insediativa prevista risulta non coerente ed eccessiva anche con la previsione di tutela del suolo inedificato contenuta nel rapporto ambientale .
Si chiede una notevole riduzione della capacità insediativa in quanto contrastano con le previsioni di varianti al PTCP, già oggetto di specifiche osservazioni puntuali.
La previsione insediativa anche riguardo alle frazioni, sia Bastia, Leca che Campochiesa ( Reg. Rapalline ) appare eccessiva, ed in larga parte ingiustificata. In regione Rapalline, sarebbe utile recuperare gli spazi inutilizzati o sottoutilizzati, senza prevedere ulteriore eliminazione di terreni produttivi, tenendo conto dell’ assetto idrogeologico della zona, della impermeabilizzazione portata dai capannoni esistenti e considerando che spazi per insediamenti artigianali sono già ampiamente previsti in altre zone, già dallo scorso PRG (reg. Bagnoli, Leca, Lusignano, Polo 90 ) anche in comuni limitrofi sono già presenti vasti agglomerati produttivi ( industriali, artigianali e commerciali ) con molte aree già trasformate ma ancora inutilizzate, altre strutture vuote, altre da recuperare, altre ancora da completare.
Insomma, non esiste una domanda insediativa di attività artigianali, industriali e commerciali che non possa già trovare spazio nei distretti produttivi già individuati dallo scorso PRG, in Albenga e nei Comuni adiacenti ( Cisano sul Neva, Villanova d’ Albenga, Ortovero, Ceriale ).
Sottrarre ampie porzioni di territorio all’ imprenditoria agricola prima di utilizzare l’ esistente o il ” già previsto” appare inutile e dannoso, anche perché rappresenta una scelta irreversibile e diventa tecnicamente impossibile coltivare su terreni non classificati agricoli ( impedimento ad apportare miglioramenti fondiari, istruire PSR, ombreggio da fabbricati, emissioni di polveri, problemi di coesistenza ecc…., )
Si chiede che porzioni di territorio attualmente ricadenti in regime IS-MA dell’assetto
insediativo del P.T.C.P. :
- già classificate come insediamento sparso in regime di mantenimento ove si
verifichi che l’incremento di densità dell’edificato e le modificazioni correlate cui si è pervenuti siano tali da aver determinato un assetto che ha raggiunto i limiti dell’insediamento sparso al fine di evitare ulteriori modificazioni dei rapporti tra le aree libere e le aree edificate che alterino l’equilibrio raggiunto o che compromettano le caratteristiche paesistiche proprie del contesto, la morfologia del terreno e gli spazi verdi, l’insieme dei manufatti e degli elementi connotanti l’uso agricolo del suolo;
vengano proposte in regime di IS-MA saturo.
- già classificate come insediamento sparso in regime di mantenimento che per collocazione, prevalenza di spazi liberi sull’edificato, valori di immagine, costituiscono corridoi di importanza sia paesistica che ambientale per il collegamento tra costa ed entroterra o per la interruzione della continuità urbana, al fine di salvaguardare la funzione e i caratteri di tali corridoi preservandone la continuità in termini di bassa
densità insediativa, modi d’uso del suolo e valori identitari presenti;
vengano proposte in regime di IS-MA CPA.
Pontelungo:
PROPOSTA DI VARIANTE 4 AL PTCP
Ambiti del PUC interessati: Ambito del PTCP Assetto Insediativo
Distretto di Trasformazione CN2 Attuale Proposta variante
Da ID MA a IS TR-TU
Superficie interessata: 122.000 mq circa
Nella scheda descrittiva si legge:
Le trasformazioni insediative previste interessano un’area periurbana, situata a nord della tessuto insediativo consolidato, con usi presenti di carattere residenziale, servizi e agricolo, ed artigianali…
Nelle aree rurali non insediate è prevalente la presenza di vivai, colture orticole in pieno campo, in serra o sotto plastica.
Il distretto si caratterizza per un livello medio di impermeabilizzazione dei suoli, generato sia dal sistema insediativo urbano che dal sistema produttivo serricolo.
Analisi paesistico-culturale
Il distretto presenta un articolato sistema di elementi paesistico-culturali (Santuario di N.S. di Pontelungo, beni archeologici).
Il distretto di trasformazione DTR CN 2 Ponte Romano dovrà:
-Integrare il peso insediativo aggiuntivo con il sistema degli spazi pubblici aperti;
-Limitare l’impermeabilizzazione dei suoli, in particolare nelle nuove aree insediate;
Carico insediativo aggiuntivo
• Nuova costruzione S.A. 28.700 mq
• La potenzialità edificatoria può essere incrementata di 4000 mq di diritti edificatori
riconosciuti all’Amministrazione comunale e provinciale per interventi di perequazione
urbanistica finalizzati alla riqualificazione del sistema ambientale del Santuario con la demolizione e rilocalizzazione dei volumi del Liceo Scientifico e di ulteriori 5.000 mq a condizione di acquisire almeno 2.500 mq di crediti edilizi provenienti dal Centro Storico di Albenga, dagli ambiti di conservazione e ripristino ambientale della marina di Vadino, del Parco Archeologico, dell’Ambito di riqualificazione del margine orientale del Centro Storico, e dell’ambito di riqualificazione ambientale a parco urbano in località Signola.
Regole ambientali
Il processo attuativo dovrà garantire:
• l’approfondimento delle eventuali condizioni di pericolosità idraulica relative alla presenza di corsi d’acqua, ancorché non indagati dal Piano di Bacino, per i quali vigono le norme delle fasce di rispetto di cui all’art. 8, c.4 delle NdA, che prevedono uno specifico parere della Provincia per gli interventi edilizi nelle aree a distanze inferiori a 40 m;
Osservazioni
Attualmente la zona si presenta con prevalente utilizzo agricolo (presenza di serre, casolari sparsi e campi coltivati)
L’attuale assetto insediativo prevede di: mantenere sostanzialmente immutati i caratteri complessivi dell’insediamento in quanto vi si riconosce l’espressione di un linguaggio coerente ed un equilibrato rapporto con il contesto ambientale
Vedi :
Art. 44
lnsediamenti Diffusi – Regime normativo di MANTENIMENTO (ID-MA)
1. Tale regime si applica là dove l’assetto insediativo abbia conseguito una ben definita caratterizzazione e un corretto inserimento paesistico, tali da consentire un giudizio positivo sulla situazione complessiva in atto, non suscettibile peraltro di essere compromesso dalla modificazione di singoli elementi costituenti il quadro d’insieme o da contenute integrazioni dei tessuto edilizio.
2. L’obiettivo della disciplina è quello di mantenere sostanzialmente immutati i caratteri complessivi dell’insediamento in quanto vi si riconosce l’espressione di un linguaggio coerente ed un equilibrato rapporto con il contesto ambientale.
3. Sono pertanto consentiti esclusivamente interventi di limitata modificazione delle preesistenze ed eventualmente di contenuta integrazione dell’insediamento purché nel rispetto dei caratteri peculiari della zona e dei suoi rapporti con l’ambito paesistico.
4. Per far fronte a quelle carenze di ordine funzionale che possono influire sulla stessa qualità dell’ambiente e sulla sua fruizione, con particolare riferimento alla accessibilità ed ai parcheggi, sono consentiti interventi anche relativamente più incidenti sull’assetto dell’insediamento.
Anche in questo caso si osserva che la normativa vigente L.R. 4 settembre 1997, n. 36. Legge urbanistica regionale. All’art. 29. (Distretti di trasformazione) prevede quanto:“Costituiscono distretti di trasformazione le parti di territorio comunale, anche tra loro non contigue, purché funzionalmente connesse, per le quali il PUC prevede una trasformazione urbanistica che comporta un sistema complesso di interventi destinati ad innovare in modo sostanziale l’assetto fisico e funzionale del distretto ed aventi quale esito l’incremento non marginale del carico insediativo o la sua sostanziale modificazione qualitativa“.
Anche in questo caso la proposta di variante contrasta con quanto previsto dalla normativa regionale.
Ed una proposta di variante in Regime normativo di TRASFORMABILITA’ che prevede una evoluzione dell’insediamento diffuso verso una forma urbana più complessa e strutturata.
( Vedi: Art. 47 lnsediamenti Diffusi – Regime normativo di TRASFORMABILITA’ (ID-TR-TU)
1 . Tale regime si applica nei casi in cui si riconosce nell’insediamento diffuso uno stato di degrado e/o una scadente qualità paesistica che si ritengono superabili attraverso operazioni di radicale rinnovamento implicanti l’evoluzione verso una configurazione di tessuto urbano.
2. L’obiettivo della disciplina è quello di conseguire livelli di migliore qualità ambientale e funzionale dell’insediamento rendendone possibili quelle radicali trasformazioni che si ritengono a tal fine necessarie.
3. Sono pertanto consentite operazioni di trasformazione dei tessuto esistente, anche circoscritte, purché costituenti episodi organici e compiuti nell’evoluzione dell’insediamento diffuso verso una forma urbana più complessa e strutturata. ).
Tale previsione contrasterebbe con lo stato dei luoghi e permetterebbe ulteriori cementificazione del suolo in un ambito già notevolmente compromesso.
RICHIESTA
A tal riguardo ai fini di evitare un eccessivo consumo di suolo agricolo ed inedificato, si chiede che la previsione venga “cancellata” mantenendo l’attuale regime